La discussione aperta con l’OMS sulle politiche sanitarie anti-COVID-19

Il contributo comparso sul numero scorso, il 114, di questa Lettera ha avuto in parallelo una lettera aperta alla Direzione Generale OMS, nella quale si chiedeva una discussione scientifica sull’insistenza non giustificata dalle prove con cui l’OMS continua a sostenere ripetute vaccinazioni anti-COVID. L’OMS ha risposto, senza entrare nel merito delle argomentazioni, ma invitando a consultare gli studi che sta raccogliendo in modo sistematico su efficacia e sicurezza di questi vaccini, assicurando che i suoi esperti seguono i più alti standard di evidence nel valutare la documentazione disponibile, e dichiarando di aver comunque già allentato le precedenti raccomandazioni vaccinali. 

È stata di nuovo redatta un’articolata risposta di merito, allegata nella versione tradotta in italiano per facilitarne l’accessibilità.

Si è partiti dall’esame nell’ordine e dalla discussione dei contenuti degli studi più recenti segnalati dalla stessa OMS, mostrando (come si può verificare) che i dati risultanti confermano in realtà quanto già sostenuto nell’iniziale lettera aperta: nonostante un follow-up di pochi mesi, gli studi mostrano come l’efficacia contro l’infezione da SARS-CoV-2 si riduca a zero e talvolta diventi negativa rispetto ai non vaccinati. Anche la protezione contro la COVID grave diminuisce piuttosto rapidamente, e la strategia di contrasto finora adottata è stata in pratica solo di anticipare la somministrazione di booster. Anche i vaccini “aggiornati” non sembrano tenere il passo con la continua generazione di varianti immunoevasive, come in sostanza conferma anche un grande studio ISS, che l’OMS non aveva ancora preso in considerazione: gli autori dell’ISS rilevano che la protezione con un 2° richiamo monovalente già dopo 2 mesi non è più significativa, e sembrano lieti di affermare che con un nuovo richiamo bivalente (originale/BA.4-5) la protezione da 2 a <4 mesi è stata del 34,7%. Tali risultati già deludenti vanno ancora ridimensionati, alla luce delle  osservazioni avanzate da un editoriale; ma anche  per il modo fuorviante con cui sono presentati i dati, che purtroppo affligge altri studi, anche dell’ISS. Infatti, con l’artificio di visualizzare la protezione media tra 60 e 118 giorni, si maschera il fatto che la protezione residua ha verosimilmente un andamento peggiore vicino alla fine dei 4 mesi… E, soprattutto, per il pregiudizio di fondo che si illustra qui di seguito.

Breaking: quanto dell’efficacia e sicurezza vaccinale può essere un’illusione statistica?

Purtroppo, in gran parte del mondo gli studi adottano uno spostamento sistematico (per quanto eterogeneo) dei risultati delle iniezioni vaccinali nei 14 giorni successivi a ciascuna iniezione, ascrivendoli allo stato vaccinale precedente. Cioè, quanto accade nei 14 (o 7, o 21) giorni successivi alla 1a iniezione è imputato al gruppo dei non vaccinati, e quanto accade nei 14 giorni dopo -rispettivamente- la 2a, 3a, 4a iniezione è (retro)attribuito ai soggetti che erano a dose singola, doppia o tripla…). Questo artificioso aumento degli eventi negativi tra i non trattati (anche quando limitato solo a eventi dichiarati COVID, compresi decessi per/con COVID) fa apparire migliore la prognosi del gruppo trattato e peggiore quella dello stato precedente. Questo spostamento provoca un’illusione statistica che può simulare un’efficacia vaccinale fittizia persino con un vaccino inerte, o addirittura un’efficacia positiva (almeno nei primi mesi) con un vaccino con efficacia negativa, come hanno dimostrato i prof. Norman Fenton e Martin Neil (Matematico e Statistico Bayesiano alla Queen Mary University di Londra, rispettivamente). Essi hanno documentato una scioccante illusione statistica.

I prof. Fenton e Neil, per consentire ai lettori una verifica, hanno fornito un modello Excel con cui controllare i dati o anche simulare una campagna vaccinale. I risultati che si ottengono sono gli stessi, anche variando il numero di persone all’inizio di una possibile campagna vaccinale, i tassi di infezione e/o la velocità della campagna stessa.

Dunque, non sarà possibile quantificare con certezza il grado di efficacia o sicurezza del vaccino, anche nei primi mesi dalla somministrazione, se le Istituzioni continueranno a fornire dati sugli eventi sanitari con le modalità sopra descritte, o se gli studi continueranno a calcolarli allo stesso modo.

Purtroppo, anche gli studi tratti dalla revisione indicata dall’OMS danno conferme dirette o indirette del fatto che continua a verificarsi questa distorsione dei 7, o 14, o… giorni di spostamento.

Un altro duro colpo alla narrativa corrente

Un altro colpo alla narrativa corrente arriva da una ricerca (Qassim, 2023) appena pubblicata su Lancet, non ancora inclusa nella revisione OMS, che interessa la popolazione del Qatar, per stimare l’immunità conferita da una previa infezione da SARS-CoV-2 o dalla vaccinazione, rispettivamente contro la reinfezione o contro l’infezione post-vaccinale (Figure 1 e 2). Dopo l’emergenza di Omicron, l’efficacia è diminuita, soprattutto nei soggetti vaccinati con tre dosi (in linea con quanto dimostrato anche nei confronti di proxy come le cariche virali.

Al contrario, l’efficacia di una serie vaccinale primaria contro l’infezione è sempre risultatain tendenza inferiore a quella dei non vaccinati in tendenza inferiore a quella dei non vaccinati. Ma il declino è stato soprattutto marcato dopo il booster.

Quanto all’efficacia contro la COVID-19 grave, critica o fatale, non vi è alcun calo della protezione nel caso di infezione precedente, mentre “c’era un’indicazione di un certo declino nel tempo della VE da serie primaria vaccinale e da vaccinazioni di richiamo (Qassim, eClinMed 2023)

In particolare, l’efficacia contro forme gravi in chi ha superato l’infezione naturale è stata sempre superiore al 91% per tutta la durata del follow-up, sino a fine 2022, mentre nei vaccinati con due dosi la protezione a fine 2022 non era già più significativa, e quella da tre dosi a maggio-luglio è scesa a un 43,6% (non significativo), pur risalendo poi al 90% come probabile effetto di nuovi contagi con varianti Omicron, che l’hanno (temporaneamente?) rilanciata. Ciò ha fatto dichiarare agli autori che il “lento declino (di efficacia verso la COVID grave) è sembrato riguardare solo l’immunità vaccinale.”.

Questi segnali e il principio di precauzione dovrebbero fermare la spinta a vaccinare e rivaccinare chi non abbia forti motivi personali di salute per farlo; a maggior ragione per chi ha superato una o più infezioni naturali.

L’OMS sostiene che avrebbe allentato la Tabella di marcia vaccinale…

Considerando poi la Tabella di marcia vaccinale (del 30-3-2023) riproposta dall’OMS nella sua risposta, si fatica a considerare allentate le seguenti raccomandazioni:

«continuare la vaccinazione con i vaccini disponibili in vista di uno scenario “di base”:

intervallo più lungo [un anno? sei mesi?] per richiami aggiuntivi (oltre al 1° richiamo…) a gruppi prioritari;

i richiami oltre al 1° richiamo non sono più raccomandati di routine per i gruppi a rischio medio;

• ulteriore richiamo in gravidanza entro la seconda metà del 2° semestre, se l’ultima dose è stata somministrata >6 mesi prima;

• richiamo aggiuntivo (2° richiamo) per i sanitari 12 mesi dopo l’ultima dose;

• serie primaria + richiamo per giovani adulti sani;

• per bambini e adolescenti sani considerare la serie primaria, in base al contesto, al costo…».

Le Raccomandazioni OMS (che diverrebbero vincolanti se nel 2024 saranno approvate le modifiche proposte ai Regolamenti Internazionali) sono già state rafforzate da ECDC ed EMA per la campagna vaccinale dell’autunno 2023. Per esempio:

• “per i bambini sotto i 5 anni senza vaccinazione o pregressa infezione da SARS-CoV-2 è consigliata una serie primaria di… 3 dosi appena adattate…”

A cura di Alberto Donzelli

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