Perché un numero monografico su Choosing Wisely?

Il sistema sanitario statunitense è il più costoso del mondo (15,3% del PIL, 7% in Italia quest’anno) e anche quello che spreca di più. Si stima uno spreco attorno al 25% della spesa totale, una cifra vertiginosa, compresa  fra i 760 e 935 miliardi di dollari. La spesa sanitaria è arrivata negli USA a 6.714 $ per abitante e, caso unico nei paesi occidentali, quella privata ha superato quella pubblica. In Italia, la spesa privata arriva a 524 $, con una media OCSE di 440 $.

Proprio per migliorare l’uso delle risorse in sanità, nel 2010 Howard Brody, dalle pagine del New England Journal of Medicine, lanciava una provocazione al mondo accademico: ogni società scientifica avrebbe dovuto indicare una lista di 5 pratiche (top five), non sorrette da prove scientifiche, da abolire, discutendone con i pazienti. Due anni dopo nasceva Choosing Wisely (CW), iniziativa della fondazione ABIM (American Board of Internal Medicine) successivamente esportata in tutto il mondo e approdata anche in Italia 10 anni fa con la creazione di CW Italy. Ce ne scrive estesamente Sandra Vernero, attuale presidente di Slow Medicine (SM). CW nasceva negli anni dell’Affordable Care Act di Obama e più di qualche attrito politico era nato dal fatto che i repubblicani vedevano nel less is more un sistema per razionare l’offerta terapeutica (Sarah Palin aveva coniato per le liste top five il termine di death panels, liste della morte). CW prendeva così un colore politico non cercato né desiderato, che forse non ha giovato alla sua incisività.

In occasione del convegno di CW Italy per il decennale 2012-2022, tenutosi in giugno presso l’Istituto Mario Negri di Milano, era iniziato un nostro dibattito via mail. Avevamo notato la novità della svolta green, che tiene conto dell’impronta carbonica dei servizi sanitari, come traspare dalla relazione di Antonio Bonaldi. Sull’argomento trovate in questa lettera anche il link a un articolo di Francesco Barone Adesi, apparso su scienza in rete.

Per alcuni di noi il punto debole di CW sta nell’efficacia dell’iniziativa, difficilmente quantificabile da un lato e in parte inficiata dall’eccesso di ottimismo con cui gli umani sono soggetti a sovrastimare l’efficacia dei propri interventi. Si tratta in sostanza del fenomeno che gli psicologi chiamano “l’illusione del controllo”, un poco come succede ai giocatori d’azzardo, quando sovrastimano le loro probabilità di vincere. Ne ha scritto David Casarett, docente alla Philadelphia University, sostenendo che l’inappropriatezza rimarrà tale finché non si andrà alla radice del problema e la discussione delle sue cause e rimedi non sarà inserita come materia di studio nel percorso di formazione dei medici. Dallo scambio di articoli è venuta fuori un’altra voce critica, quella di Elisabeth Rourke. Anche qui si pone l’accento sull’illusione terapeutica che porta a sovrastimare i benefici delle proprie azioni. La Rourke si dice scettica sul fatto che in una società capitalistica, dove il più è in ogni caso meglio, possa far breccia la parsimonia del less is more. Ne parla Adriano Cattaneo, commentando estesamente l’articolo. Di questo articolo e di una revisione sistematica sull’impatto di CW abbiamo chiesto una recensione ad Antonio Bonaldi, già presidente di SM.

Un altro punto venuto a galla nella discussione è l’eccessivo affidamento da parte di CW sulle associazioni professionali, all’interno delle quali non mancano i conflitti di interessi (CdI), di cui scriviamo spesso nella nostra lettera. Queste associazioni sono state accusate di inserire tra le pratiche da eliminare quelle oramai obsolete, di scarso rientro economico o di competenza di altre specialità. Ne scrive estesamente Alberto Donzelli.

Mariolina Congedo riferisce la sua esperienza personale in CW e ci ricorda l’ironia con cui il compianto Gianfranco Domenighetti aveva definito l’iniziativa “una foglia di fico” delle associazioni professionali che fanno withewashing attraverso l’eliminazione di pratiche marginali e di scarso interesse strategico. Domenighetti aveva espresso questo parere tranchant anche durante il convegno di Bologna nel dicembre 2012, in memoria di Alessandro Liberati. L’ aveva riferito Richard Smith nel suo blog. Non serve più mettere vino vecchio in bottiglie nuove, è venuto il momento di diffondere tra il pubblico uno scetticismo salutare (healthy skepticism), bisogna rompere l’abbraccio mortale fra salute e mercato, smitizzando la medicina come scienza esatta. Bisogna far capire che la salute dipende da elementi esterni alla sanità e che i cittadini devono poter usufruire in prima persona di informazioni realmente basate su prove scientifiche. Concludendo, alla domanda espressa nel titolo di questo editoriale rispondiamo: perché CW è comunque un’iniziativa importante che si batte contro lo spreco in sanità tentando di eliminare l’uso di pratiche di basso valore. Pensiamo però che in questa iniziativa siano presenti più di una criticità e lasciamo il giudizio ultimo ai lettori sperando di avere offerto un panorama variegato di commenti e opinioni.

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