Mai più congressi internazionali?

In un articolo sul BMJ della serie “Head to Head” (testa a testa), Richard Smith, per anni direttore della testata, si esprime a favore di una riduzione dei congressi internazionali, per ridurne l’impronta carbonica, mentre Sounderajah e Darzi si esprimono contro.[1]

La pandemia ha fatto da incubatore per la transizione dai congressi in presenza a quelli online. Per la prima volta, il congresso annuale del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists ha superato le 3000 presenze e, fatto ancora più importante, ha permesso anche a un medico rurale del Bangladesh di partecipare. Con lo stesso numero di partecipanti, il congresso avrebbe emesso 3535 tonnellate di CO2 solo con i voli aerei. Nel 2019, sempre in soli voli aerei, un congresso dell’American Society of Tropical Medicine and Hygiene con oltre 5000 partecipanti aveva emesso 8646 tonnellate di CO2; uno dell’American Thoracic Society con oltre 15.000 partecipanti, nel 2006, ne aveva emesso 10.779 tonnellate. Questi tre congressi, in pochi giorni, e in soli voli aerei, hanno emesso la CO2 prodotta da 13.000 abitanti del Bangladesh in un anno. Si stima che ogni partecipante a un congresso internazionale produca in media 0,8 tonnellate di CO2, voli aerei e tutto il resto compreso. Tenendo conto che, per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi da oggi al 2040, ogni cittadino britannico dovrebbe emettere come media annuale 0,5 tonnellate di CO2, basta partecipare a un solo congresso internazionale per superare in pochi giorni questa quota. Per non parlare dell’inutilità, o quasi, di questi congressi. Smith, che confessa di essere stato un carbon criminal, cita un congresso a Dubai dove, assieme a un solo altro partecipante, aveva assistito a una presentazione sulla prevenzione in ambito cardiovascolare fatta da cinque oratori provenienti da Cina, India, Europa e USA; mentre centinaia di altri partecipanti passeggiavano in una gigantesca sala riempita di espositori delle più diverse tecnologie sanitarie. E non esistono calcoli dell’impronta carbonica di queste esposizioni e delle emissioni prodotte dall’eccesso di diagnosi e trattamento cui sono associate.

I due fautori del no all’eliminazione dei congressi internazionali portano degli argomenti molto deboli sulla loro utilità. A loro parere, in congressi ben organizzati e con partecipanti ben disposti (ma con questi criteri si potrebbe già tagliare una buona percentuale di eventi, ndr), si favoriscono gli scambi di idee, le collaborazioni internazionali, la critica e la discussione. Mi sembra evidente che questi risultati si possono raggiungere anche senza attraversare gli oceani. Meno smontabile l’argomentazione riguardante la possibilità di praticare, o forse simulare, speciali e innovative procedure cliniche ad alta tecnologia; dubito però che un congresso internazionale sia la sede migliore per acquisire competenze pratiche. Molto più convincente l’argomento relativo all’impronta carbonica dei congressi online. Internet non è certo a zero emissioni. Si stima che ogni partecipante a un congresso online emetta 1 kg di CO2 all’ora. A questa impronta carbonica si devono aggiungere le emissioni causate dai mezzi di comunicazione usati per preparare e pubblicizzare il congresso, iscrizioni comprese, e quelle per salvare sulle varie nubi di internet tutta la documentazione necessaria, video delle teleconferenze compresi. Secondo Sounderajah e Darzi, un congresso online potrebbe avere un’impronta carbonica simile a quella di un congresso in presenza. La loro proposta è mantenere i congressi in presenza, ridurne il numero (i doppioni e i congressi inutili sono innumerevoli), localizzarli in hub regionali facilmente raggiungibili con il treno, e associarli a una componente online per rendere l’accesso più egualitario e raggiungere anche il medico rurale del Bangladesh.

E magari evitando le sponsorizzazioni e le esposizioni che fanno di questi congressi dei mercati, aggiungo io, in attesa di avere dati più accurati che permettano di comparare l’impronta carbonica dei congressi online e in presenza.

A cura di Adriano Cattaneo

1. Smith R, Sounderajah V, Darzi A. Have international in-person medical meetings had their day? BMJ 2021;375:n2345

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