Determinanti commerciali della salute: certezze e ambiguità

Conversazione con Alice Fabbri, a cura di Mariolina Congedo

Mariolina

Da poche settimane è stato pubblicato The Commercial Determinants of Health a cura di N. Maani, M. Petticrew e S. Galea,[1] cui hai contribuito e che sviluppa molti temi di grande interesse per i Nograzie. Partiamo dall’affermazione, dimostrata dalla letteratura, che la salute contribuisce alla crescita economica attraverso maggior produttività individuale, maggior numero di ore di lavoro giornaliere e vita lavorativa più lunga, disponibilità a investire nella propria formazione e sviluppo di una mentalità imprenditoriale. Pertanto, se quanto danneggia la salute danneggia l’economia, gli investimenti per la salute e per la crescita economica si rafforzano reciprocamente.[2] Generalmente, invece, le misure volte a proteggere la salute pubblica da prodotti come tabacco, alcolici o bevande dolcificate sono accusate di essere invece dannose per l’economia in generale e per le opportunità occupazionali offerte dall’industria in particolare. Condividi quest’ambiguità che rende l’opinione pubblica meno disponibile a cogliere i determinanti commerciali della propria salute?

Alice

Ti ringrazio, Mariolina, per l’opportunità di parlare di queste tematiche. La tassazione o il divieto della pubblicità di prodotti nocivi per la salute come tabacco, bevande zuccherate e cibi ultra processati sono importanti interventi per affrontare l’attuale epidemia di malattie non trasmissibili. Il problema è che questo tipo di misure rappresenta una minaccia per i profitti delle grandi multinazionali. Alcuni studi hanno dimostrato come al fine di bloccare, indebolire o ritardare l’introduzione di questi interventi di sanità pubblica, le multinazionali utilizzino una serie di strategie chiamate “corporate political activities”. Queste includono attività di lobbying e contributi a campagne elettorali, ma anche tattiche più sottili e subdole chiamate “strategie discorsive”. Con questo temine ci si riferisce alla narrazione che l’industria crea attivamente nei media, nei comunicati stampa e nelle consultazioni volta a enfatizzare i potenziali effetti dannosi o minimizzare i benefici dell’introduzione di queste misure. La narrazione punta sul fatto che tali politiche porteranno a perdita di posti di lavoro, danni all’economia, o sul fatto che in altri contesti queste misure non sono risultate efficaci. Questo tipo di narrazione abilmente orchestrata influenza inevitabilmente l’opinione pubblica. Ulucanlar e co-autori hanno presentato una dettagliata classificazione delle argomentazioni usate dall’industria del tabacco per disincentivare l’introduzione di misure di sanità pubblica che può essere molto utile ad attivisti della salute e decisori politici per comprendere, predire e finalmente contrastare le strategie di influenza politica usate dall’industria.[3]

Mariolina

Nel capitolo cui hai contribuito,[4] si cita il Japanese spousal study ideato dall’industria per contrastare i risultati dello studio di T. Hirayama, pubblicato dal BMJ nel 1981. Hirayama aveva dimostrato l’incremento del rischio di cancro del polmone per le mogli non fumatrici di soggetti fumatori, rispetto alle non fumatrici con marito non fumatore. Studi ideati per screditare uno studio indipendente che ha pubblicato risultati sfavorevoli per un prodotto rappresentano la prima vistosa distorsione, il peccato originale, nella relazione pericolosa fra industria e scienza. Oltre alla distorsione nella produzione delle prove, ne ha identificate altre due, la diffusione parziale dei risultati e l’uso parziale delle prove ottenute. Sostanzialmente individuate azioni preordinate volte a modificare a proprio favore la produzione, la diffusione e l’uso delle prove, che rappresentano la pesante ingerenza dell’industria sulla scienza, come nel caso del Vioxx, vicenda paradigmatica nel contesto delle aziende farmaceutiche.

Alice

Nel capitolo cui accenni, forniamo numerosi esempi di come le multinazionali (dell’alcool, del tabacco, dell’industria alimentare, farmaceutica, etc.) abbiano strategicamente prodotto e diffuso dati che massimizzano i benefici o minimizzano gli effetti dannosi dei propri prodotti con l’obiettivo finale di ridurre al minimo la regolamentazione e aumentare le vendite. Essendo un fenomeno complesso, abbiamo cercato di suddividerlo per chiarezza in tre principali aree:

  1. Influenza sulla produzione di prove scientifiche: questo include l’influenza dell’industria sul processo di ricerca, dalla scelta della domanda di ricerca alla progettazione, ai metodi, alla conduzione e alla comunicazione dei risultati.
  2. Influenza sulla diffusione dei dati: per attuare questo processo, l’industria usa due tecniche opposte che abbiamo metaforicamente chiamato “effetto megafono” (ossia le strategie volte a massimizzare la diffusione di dati favorevoli all’industria) ed “effetto silenziatore” (ossia le strategie volte a sopprimere/oscurare la ricerca sfavorevole agli interessi industriali).
  3. Influenza sull’’uso dei dati: ad esempio alterando i meccanismi attraverso i quali le prove scientifiche sono usate per lo sviluppo di “policies”.

Il messaggio che abbiamo cercato di veicolare in quel capitolo è che queste tre aree di influenza non dovrebbero essere considerate a sé stanti, ma come parte di un approccio globale delle multinazionali nei confronti della scienza. Tutte queste strategie lavorano in sinergia e consentono alle multinazionali di aumentare la produzione, la diffusione e l’uso di ricerche a loro favorevoli e di ridurre al minimo l’impatto della ricerca potenzialmente sfavorevole.[5] Si tratta di un fenomeno veramente complesso e con un profondo impatto sulla salute della popolazione.

Mariolina

Nella distorsione degli obiettivi della ricerca mettete in evidenza la tendenza a distogliere l’attenzione da interventi efficaci sulla popolazione, per limitare ad esempio l’obesità, mettendo in risalto, invece, azioni volte a modificare i comportamenti dell’individuo, per esempio lo stile di vita sedentario.

Alice

La prima fase della ricerca che può essere influenzata dallo sponsor è l’agenda di ricerca, ovvero la fase iniziale durante la quale sono definiti lo scopo e i quesiti dello studio. Con alcuni colleghi, abbiamo condotto una revisione per identificare e sintetizzare gli studi che hanno esplorato l’influenza dei finanziamenti industriali sull’agenda di ricerca.[6] Nella revisione descriviamo diverse strategie, una di queste è finanziare la ricerca su temi che possano distrarre dagli effetti nocivi dei propri prodotti. Ad esempio, negli anni ’80, l’industria del tabacco ha finanziato progetti di ricerca sulla qualità dell’aria negli ambienti indoor per distogliere l’attenzione dai dati che stavano emergendo sui danni da fumo passivo.[7] Abbiamo esempi anche più recenti di queste tecniche di distrazione. In un altro studio abbiamo identificato più di 200 pubblicazioni (per la maggior parte risultanti da progetti sponsorizzati da Coca Cola) e poi abbiamo analizzato i temi esplorati da queste pubblicazioni. Gli argomenti più comuni erano l’attività fisica e i comportamenti sedentari, mentre gli alimenti ultra processati come le bevande zuccherate sono stati studiati solo nel 10% delle pubblicazioni.[8] Questo fenomeno potrebbe essere una strategia che l’industria alimentare usa per spostare l’attenzione dal ruolo delle bevande zuccherate nell’obesità al ruolo del comportamento sedentario. So che a questo punto qualcuno potrebbe dirmi: “ok, ma è evidente che le aziende sponsorizzino ricerche in linea con i loro interessi commerciali”. Tuttavia, quello che come professionisti sanitari deve preoccuparci è l’influenza che questo può avere sulla salute pubblica. Influenzando l’agenda della ricerca, le multinazionali possono produrre risultati che sostengono solo determinate risposte per affrontare i problemi di salute, con importanti conseguenze sulla salute della popolazione

Mariolina

David Healy, in Pharmaggeddon,[9] faceva riferimento più di 10 anni fa all’irretimento cui la classe medica sarebbe stata sottoposta a causa dell’importanza attribuita ai risultati statisticamente significativi nei trial riguardanti i farmaci, senza distinguere fra trial indipendenti e trial sponsorizzati dalle ditte, come se il metodo fosse garanzia di imparzialità. Nel capitolo che mi è apparso complementare al vostro,[10] Lisa Bero mette in evidenza sia il ruolo delle metanalisi (la ricerca sulla ricerca) per individuare le distorsioni metodologiche negli studi sponsorizzati, sia il rischio che le revisioni sistematiche amplifichino tali bias se si fondano su studi non indipendenti. Quanta parte della presunta evidence-based medicine può essere invece evidence-biased?

Alice

Ogni volta che si fanno revisioni sistematiche o meta-analisi – fondamentali per praticare l’evidence based medicine – si fa anche la valutazione dei rischi di distorsione (“bias”) degli studi inclusi. Gli strumenti attualmente usati per valutare il rischio di bias si concentrano principalmente su problemi associati alla progettazione e allo svolgimento dello studio; ad esempio, in un trial valutiamo come è stata fatta la randomizzazione o se vi sono pazienti persi al follow-up. Come suggerito dalla stessa Lisa Bero,[11] il bias relativo alla fonte di finanziamento/conflitti d’interessi dovrebbe diventare una delle categorie ufficialmente incluse negli strumenti per effettuare la valutazione dei rischi di bias, al pari degli altri bias legati allo svolgimento dello studio. Se iniziamo a inserire i conflitti d’interessi e le fonti di finanziamento come elemento a sè stante all’interno degli strumenti per la valutazione dei rischi di bias, l’impatto di potenziali distorsioni potrà poi essere valutato di routine quando si effettuano revisioni sistematiche. Questo comporterà analisi statistiche per confrontare i risultati degli studi finanziati dall’industria con quelli non finanziati dall’industria.

Mariolina

Cito di nuovo David Healy,[9] che puntava il dito contro le prove intese come risultato statisticamente significativo, attitudine che svalorizza la diretta constatazione di un effetto dannoso. Nel capitolo del volume dedicato al gioco d’azzardo,[12] ambito particolarmente difficile da indagare, si evidenzia la difficoltà di stabilire prove incontrovertibili che la pratica del gioco e i prodotti correlati possano danneggiare la salute. Le prove per dimostrare la correlazione fra un prodotto e un danno rilevato possono essere difficili da produrre, favorendo l’incertezza nei rapporti di causa-effetto che limita e ritarda qualunque normativa che possa ridurre il danno. Ritieni che la scienza per sua natura sia lenta a reagire, per necessità di vagliare varie ipotesi e seguire una metodologia che richiede tempo e investimenti?

Alice

È una domanda complessa. Quello che in realtà mi preoccupa di più al momento è che negli ultimi anni abbiamo accumulato così tante prove scientifiche sull’impatto dei determinanti commerciali di salute che sarebbe giunto il momento di passare ai fatti, alle soluzioni. E invece siamo di fronte a una preoccupante indolenza da parte dei nostri decisori politici a pretendere che le multinazionali che vendono prodotti nocivi inizino finalmente a sostenere i costi dei danni che causano alla salute pubblica. Cambiamenti urgenti sono necessari e le prove scientifiche a loro sostegno ci sarebbero eccome!

Mariolina

Grazie della tua disponibilità a rispondere, e alla prossima!

1. Maani N, Petticrew M and Galea S (edited by). The Commercial Determinants of Health. Oxford University Press, 2023

2. Mckee M. Assessing the Economic Impacts of Corporations, ibidem

3. Ulucanlar S, Fooks GJ, Gilmore AB. The policy dystopia model: an interpretive analysis of tobacco industry political activity. PLOS Medicine 2016;13(9): e1002125

4. Fabbri A, Gilmore AB. Industry Influence on Science in Maani N, Petticrew M and Galea S (edited by). The Commercial Determinants of Health. Oxford University Press, 2023

5. Legg T, Hatchard J, Gilmore AB. The Science for Profit model: how and why corporations influence science and the use of science in policy and practice. PLOS ONE 2021;16(6): e0253272

6. Fabbri A, Lai A, Grundy Q, Bero LA. The influence of industry sponsorship on the research agenda: a scoping review. Am J Public Health 2018;108(11):e9-e16

7. Barnes DE, Bero LA. Industry-funded research and conflict of interest: an analysis of research sponsored by the tobacco industry through the Center for Indoor Air Research. J Health Polit Policy Law 1996;21:515-42

8. Fabbri A, Holland T, Bero L. Food industry sponsorship of academic research: investigating commercial bias in the research agenda. Public Health Nutr 2018;21(18):3422-30

9. Healy D. Pharmageddon. University of California Press, 2012

10. Bero L. Industry Influence on Research in Maani N, Petticrew M and Galea S (edited by). The Commercial Determinants of Health. Oxford University Press, 2023

11. Bero LA. Why the Cochrane risk of bias tool should include funding source as a standard item. Cochrane Database Syst Rev 2013

12. Van Schalkwyk MC, Cassidy R. The Gambling Industry in Maani N, Petticrew M and Galea S (edited by). The Commercial Determinants of Health. Oxford University Press, 2023

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