Chi è il nemico dell’ECM? Il conflitto d’interessi o il bias?

I crediti ECM sono richiesti agli operatori sanitari per continuare ad esercitare la professione. Negli USA, nel 2011, il 75% dei providers di crediti ECM ricevevano sostegno finanziario e tecnico dall’industria della salute, con Big Pharma in prima fila. Un recente articolo del JAMA si chiede se questo sostegno presenti più problemi per l’implicito conflitto d’interessi o per il bias, cioè la sistematica inaccuratezza delle informazioni, che vi è associato.(1) Gli autori pensano che il bias abbia effetti più gravi e che prevenirlo sia perciò più importante che prevenire il conflitto d’interessi. Da informazioni inaccurate, infatti, derivano non solo pratiche errate da parte degli operatori di quei corsi ECM, ma anche linee guida e politiche errate che hanno effetti a più ampio raggio.

Ma cominciamo dalla definizione di bias. Significa presentare informazioni, trarre conclusioni e fare raccomandazioni che non sono scientificamente valide o che per lo meno non sono sostenute da robuste evidenze. Secondo gli autori, non tutti i conflitti d’interesse portano a bias, almeno in linea teorica. E non tutte le dichiarazioni di conflitti d’interesse da parte di docenti in corsi ECM portano a valutare correttamente l’eventuale bias. A sostegno di queste affermazioni, vi sono studi che mostrano come la dichiarazione di conflitti d’interesse possa essere controproducente, cioè portare i discenti a considerare errati i risultati di studi metodologicamente corretti.(2,3) Inoltre, il conflitto d’interesse dei docenti potrebbe essere destinato a diminuire; molti providers di ECM, negli USA, cominciano a non accettare docenti proposti dall’industria e finanziamenti dalla stessa, oppure chiedono che questi finanziamenti siano versati in un fondo generale non condizionato.

Sempre secondo gli autori, sono più deboli le attuali misure di salvaguardia contro il bias. Pochi sono i providers che controllano i testi e le presentazioni dei docenti prima che il corso abbia inizio. Pochi chiedono a posteriori l’opinione dei discenti, ammesso che questi siano in grado di identificare un bias. Quando sono stati usati dei questionari a questo scopo, le poche opinioni espresse dai discenti sono sempre state generiche (“dati incompleti”, “presentazione non equilibrata”) e insufficientemente dettagliate nei riguardi di eventuali bias. Uno studio suggerisce che chiedere ai discenti, prima che il docente inizi la sua lezione, di annotare specifiche manifestazioni di bias potrebbe essere utile.(4) Ma ciò implica sapere in anticipo cosa osservare, e i providers non sono attualmente in grado di farlo.

Che fare? La soluzione potrebbe essere una maggiore diffusione e una costante applicazione di uno spirito critico che attualmente non esiste o è molto limitato. Si potrebbe pensare a delle checklist simili a quelle che si usano per l’analisi critica di un articolo scientifico; ma diffonderne l’uso per la lettura non è facile, lo è ancor meno per la partecipazione a un corso. Tuttavia, il sapere che alcuni discenti dispongono di tali strumenti potrebbe indurre i docenti ad indulgere meno al bias. Per queste checklist gli autori propongono domande come: si comparano i farmaci per gestire una malattia con i migliori presenti sul mercato e con altre opzioni non farmacologiche? Si elencano vantaggi e svantaggi? Si usano revisioni sistematiche e meta-analisi? Si discutono i limiti dei risultati? Si omettono informazioni importanti? Ma siamo ancora nel campo delle ipotesi; nessuno ha ancora sviluppato e testato strumenti di questo tipo. L’ideale sarebbe comunque combinare strumenti di questo tipo con un controllo preliminare dei testi e delle diapositive dei docenti da parte di esperti sull’argomento. Ma è fattibile?

Riassunto e traduzione di Adriano Cattaneo

1. Lo B, Ott C. What Is the Enemy in CME, Conflicts of Interest or Bias? JAMA 2013; doi:10.1001/jama.2013.221227 Published online August 19, 2013
2. Loewenstein G, Cain DM, Sah S. The limits of transparency: pitfalls and potential of disclosing conflicts of interest. Am Econ Rev 2011;101:423-8
3. Kesselheim AS, Robertson CT, Myers JA et al. A randomized study of how physicians interpret research funding disclosures. N Engl J Med 2012;367:1119-27
4. Goldfarb E, Baer L, Fromson JA et al. Attendees’ perceptions of commercial influence in noncommercially funded CME programs. J Contin Educ Health Prof 2012;32:205-11