Associazioni mediche britanniche e riscaldamento globale

Dopo la Cop26 di Glasgow nel 2021, ecco avvicinarsi l’inaugurazione, il 7 novembre 2022, della Cop27, che si terrà in Egitto (un paese non proprio democratico), a Sharm El-Sheikh (una sede non proprio sostenibile).

Come c’era da aspettarsi, molte riviste mediche hanno pubblicato articoli su riscaldamento globale e salute. Tra i molti articoli che ho letto, e che Greta Thumberg e i Fridays for Future probabilmente non esiterebbero a classificare come blablabla, unica eccezione il corposo rapporto del Lancet,[1] mi è sembrato interessante uno studio che assegna un punteggio di sostenibilità ambientale alle associazioni mediche britanniche.[2] Le ricercatrici, 3 su 4 le femmine, hanno tentato di analizzare le posizioni di 28 associazioni mediche inviando loro un questionario su organizzazione interna (fonti di energia, acquisti, cibo, rifiuti, trasporti), formazione professionale (curricula, congressi, comitati, linee guida sulle prescrizioni), disinvestimenti (dei fondi pensione da attività climalteranti) e attività di advocacy verso le istituzioni (legislatori, policy makers, istituti di ricerca). Peccato che solo 11 (39%) delle associazioni mediche coinvolte si siano degnate di compilare il questionario; e questo dice già molto sul loro interesse per il tema.

Tra quelle che hanno risposto, l’associazione dei pediatri ha ottenuto il punteggio migliore, 41,75 su un massimo possibile di 64. Al secondo posto gli psichiatri, con 39,5 e al terzo posto i medici di medicina generale con 38,5. Ultimi i paramedici (13 punti), seguiti da anestesisti (13,5), ginecologi (16,25) e chirurghi (19,5). Il punteggio medio è stato di 27,3. L’associazione dei medici di sanità pubblica, in teoria i più sensibili al cambio climatico e ai suoi effetti sulla salute, ha avuto un punteggio di 34,75 ma si è classificata al primo posto nell’ambito della formazione professionale.

I risultati indicano chiaramente che qualcosa si sta facendo, ma che la strada da percorrere è ancora molto lunga. I pediatri sembrano far meglio degli altri probabilmente perché si preoccupano del futuro dei bambini che assistono. Significativo il fatto che negli USA sia diventata obbligatoria, per la certificazione a esercitare come pediatri, l’integrazione di un modulo sui cambiamenti climatici nella formazione professionale.[3] Ma bisognerebbe iniziare dalle scuole di medicina, con la revisione dei curricula in base al principio della formazione in piccoli gruppi imperniata sulla soluzione di problemi pratici reali in relazione ad ambiente e salute.[4] In Gran Bretagna si punta a migliorare la formazione curricolare degli studenti di medicina con pacchetti di autoformazione su salute planetaria e sostenibilità ambientale.[5] E in Italia?

A cura di Adriano Cattaneo

1. Romanello M et al. The 2022 report of the Lancet Countdown on health and climate change: health at the mercy of fossil fuels. Lancet 2022 October 25; https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)01540-9

2. Cooke E et al. Climate change and health scorecard: what are UK professional and regulatory health organizations doing to tackle the climate and ecological emergency? Journal of Climate Change and Health 2022;8;100164

3. Patel L et al. Integrating climate change education into board certification for pediatricians: a model for other specialties. Journal of Climate Change and Health 2022;5:100093

4. Cerceo E et al. Interactive curriculum to teach medical students health and climate change. Journal of Climate Change and Health 2022;5:100105

5. Whittaker M et al. Lessons learned from implementing a self-taught learning resource on sustainable healthcare for the UK medical curriculum. Journal of Climate Change and Health 2022;6:100132

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