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Dalla brace alla padella, ovvero dal tabacco bruciato a quello riscaldato

A livello globale, ci sono 1,1 miliardi di fumatori adulti, il 60% dei quali desidera o intende smettere. Esistono dunque 550 milioni di possibili acquirenti di prodotti alternativi alle sigarette, senza contare i nuovi potenziali fumatori. Passare alle cosiddette sigarette elettroniche è un vantaggio? Per chi le produce certamente sì, ma per l’OMS gli aerosol inalati contengono sostanze chimiche tossiche, compresa la nicotina, che possono causare il cancro. Non ci sono però dati sufficienti per dichiarare ‘pericolosi’ questi ENDS (sistemi elettronici di erogazione della nicotina), dato che sono sul mercato da un tempo non sufficiente alla loro valutazione. In alcuni paesi, sempre secondo l’OMS, vi è un numero crescente di prove secondo cui gli adolescenti che non fumano, ma che usano ENDS, raddoppiano le loro possibilità di iniziare a fumare sigarette più tardi nella vita. Da un recente sondaggio promosso da FDA/CDC su un campione rappresentativo della popolazione scolastica USA fra 11 e 18 anni, quasi il 10% degli intervistati ha dichiarato di far uso di sigarette elettroniche. In Italia, uno studente di 13-15 anni su quattro ha usato almeno una volta nell’ultimo mese un prodotto tra sigarette, e-cig e prodotti a tabacco riscaldato (HTP), secondo l’ultima indagine periodica nelle scuole italiane.[1]

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Nuove strategie per vendere oppiacei a donne e minori negli USA

Tre ricercatori dell’Università della California hanno analizzato tutti i documenti interni delle aziende farmaceutiche coinvolte nel processo Stato dell’Oklahoma vs Purdue Pharma et al., rilasciati a vario titolo dal 1999 al 2017.[1] L’analisi ha coinvolto i maggiori produttori di oppiacei: oltre a Purdue, Janssen, Ortho-McNeil, Teva (Actavis), Janus e Cephalon. L’indagine si è focalizzata su un particolare target, donne e minori, analizzando le modalità di marketing indiretto e le campagne promozionali senza marchio dichiarato.

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La crisi degli oppiacei ha evidenziato la crisi delle istituzioni: il piano d’azione della Stanford-Lancet Commission

La crisi degli oppiacei non interessa solo gli USA, ha contagiato anche il Canada, con 6.200 morti nel 2019 e una crescita del 67%, riferisce un recente editoriale apparso sul Lancet.[1] L’escalation dell’ossicontin parte da lontano e precisamente dal 1995, quando fu erroneamente approvato come analgesico sicuro a lento rilascio (in realtà il suo metabolita ossimorfone è 10 volte più potente della morfina, ndr). Da allora, molto è stato scritto sulle discutibili decisioni della FDA che ha fallito nello specificare le indicazioni d’uso riportate nelle confezioni. Altre responsabilità ricadono sulla Drug Enforcement Administration (l’agenzia federale antidroga statunitense facente capo al Dipartimento di Giustizia) per l’eccessiva quantità di prodotto autorizzato al commercio e le inascoltate segnalazioni di letalità.

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