Sette punti per una discussione critica su Jefferson Vs. Cochrane

1. Un solido studio osservazionale è meglio di un RCT mal fatto. In ogni caso, non è possibile costruire un solido RCT sulla validità delle mascherine per le troppe difficoltà insite. Dire che un solido studio osservazionale è meglio di un RCT mal fatto è un’inutile banalità. Si dica  invece quali sono i “solidi studi osservazionali” cui fa riferimento, dato che quelli riportati nella metanalisi della UK Health Security Agency hanno vari bias che ne riducono drasticamente la validità.[1]

Tra gli otto bias discussi da Jefferson e Heneghan (che ho commentato nella Lettera 111 di febbraio 2023, cui si rimanda) uno dei più gravi è l’assenza di un protocollo, con pre-specificazione, tra l’altro, dell’esatto periodo che si intende monitorare e della sua (adeguata) durata. Come conseguenza dell’assenza di tale protocollo, i risultati si prestano a qualsiasi manipolazione, o comunque a oggettive misinterpretazioni (ad esempio, introdurre le mascherine in prossimità del picco di un’ondata infettiva, attribuendo poi all’intervento la successiva spontanea discesa della curva).

Si dica inoltre qual è il RCT mal fatto: non certo il DANMASK-19,[2] che non ha solo dimostrato l’assenza di efficacia statisticamente significativa delle mascherine fuori casa, com’è stato soprattutto interpretato, ma ha dato indicazione di una possibile tendenza al danno, se si considerano i cluster “partecipante randomizzato + suoi familiari”, poiché questi ultimi hanno avuto in tendenza più infezioni sintomatiche nel gruppo dei partecipanti mascherati, e lo sbilanciamento resta anche se si sommano le positività al SARS-CoV-2 nei partecipanti.[3] In aggiunta, nel mese di osservazione il gruppo mascherato ha segnalato un’allarmante riduzione del 40% dell’abituale attività fisica.[2,3]

2. Non è fattibile un RCT in cui tutto il gruppo di intervento usa le mascherine correttamente per tutto il tempo necessario e il gruppo di controllo non le usa mai, entrambi i gruppi frequentano gli stessi luoghi, nello stesso tempo, etc. Un RCT di questo tipo in ospedale, ad esempio, non sarebbe etico, non si può randomizzare chi indossa le mascherine e chi no.

L’affermazione “Non è fattibile un RCT in cui tutto il gruppo di intervento usa le mascherine correttamente per tutto il tempo necessario e il gruppo di controllo non le usa mai…” è fuori luogo. Infatti, ciò che serve per promuovere una misura di sanità pubblica non è un RCT di efficacy (efficacia teorica), che sposi il “punto di vista della mascherina”, o di chi la produce, o di chi la difenda in modo pregiudiziale, senza prendere atto dello stato delle prove disponibili. Servono invece RCT di effectiveness (efficacia nella pratica), pragmatici, con minimi criteri di esclusione, che offrano istruzioni ragionevoli al gruppo sperimentale su un uso delle mascherine ritenuto desiderabile (allo stato delle conoscenze), che registrino/prendano atto del loro uso per come si verifica nella realtà, e che privilegino i risultati di un’analisi secondo l’intenzione a trattare (intention-to-treat), per i buoni motivi chiariti dall’EBM.

3. La revisione Cochrane non riguarda espressamente l’efficacia dell’uso corretto delle mascherine, ma se l’obbligo di indossarle riduce o meno a livello di popolazione la diffusione dei virus respiratori. Dimostra in sostanza che le mascherine non servono se non usate correttamente e per tutto il tempo necessario. Ma le mascherine avrebbero un effetto a livello individuale, se correttamente indossate?

La posizione secondo cui la revisione di Jefferson et al. “dimostra… che le mascherine non servono se non usate correttamente e per tutto il tempo necessario” mi pare gratuita e non supportata. Manca, infatti, la dimostrazione da studi di disegno appropriato di un bilancio favorevole dell’uso di mascherine a livello di popolazione, se usate in modo “corretto” e “per tutto il tempo necessario”: se espressa in termini così vaghi.

Vi è peraltro ragione di pensare che, in situazioni di effettivo alto rischio di trasmissione di un patogeno respiratorio, una mascherina indossata per il tempo strettamente necessario abbia un rapporto favorevole tra rischi e benefici attesi. Jefferson non si pronuncia su questa ipotesi ragionevole, in quanto il metodo rigoroso (e rigido) che adotta non gli fa prendere in considerazione ciò che non ha il supporto di ricerche valide. Se però si devono informare decisioni di sanità pubblica in tema di forti raccomandazioni o di obblighi, penso che il rigore di Jefferson sia giustificato agli occhi di NoGrazie che hanno tra i propri principi guida il riferimento alle prove di efficacia. Oltre a una corretta e non capovolta applicazione del principio di precauzione, che chiede di astenersi da interventi intrusivi, costosi, con rischi per la salute (e gravati da conflitti di interessi), se la loro utilità a livello di popolazione è quanto meno incerta.

4. Molti degli studi selezionati per la revisione Cochrane riguardano virus influenzali in un contesto di bassa circolazione e trasmissione rispetto alla Covid-19. Nella metanalisi non ci sono RCT che comparano espressamente l’uso di mascherine N95 e non. Non si risponde alla domanda se chi indossa la mascherina possa infettare di meno gli altri.

“Nella metanalisi non ci sono RCT che comparano espressamente l’uso di mascherine N95 e non”. Se si intende “N95 verso nessun dispositivo di protezione” è vero, ma quando si paragonano direttamente mascherine chirurgiche con N95, il risultato è riportato in questi termini da Jefferson et al.: “Il confronto tra mascherine chirurgiche e respiratori FFP2 (4 RCT in contesti sanitari, 1 in famiglia) mostra una tendenza al beneficio delle FFP2 per le sindromi influenzali (-18%, n.s.), ma non quando vi è la più obiettiva conferma di laboratorio (+10%, n.s.). Non risultano differenze significative neppure in ambiti sanitari, in cui le mascherine chirurgiche sono risultate “non inferiori” alle FFP2.” Penso che ne dovrebbe logicamente conseguire che un obbligo di FFP2 rispetto alle mascherine chirurgiche non abbia chiaro supporto scientifico neppure in ospedale, dunque che l’obbligo vada evitato.
Inoltre “non si risponde alla domanda se chi indossa la mascherina possa infettare di meno gli altri”; non credo che sia questo il punto, si veda quanto in seguito riportato al punto 7

5. Alla fine, gli stessi autori della revisione ammettono onestamente che “l’alto rischio di bias negli RCT inclusi, la variabilità nella misura dei risultati, e la relativamente bassa aderenza all’intervento impediscono di trarre solide conclusioni”.

È vero che le prove potrebbero essere migliori, ma una regola in sanità pubblica dovrebbe essere che per raccomandare con forza, e a maggior ragione per obbligare a interventi invasivi, costosi (dal punto di vista finanziario, organizzativo, relazionale, ambientale…) e non certo innocui per la salute (v. in seguito) si dovrebbero avere prove di efficacia e sicurezza molto forti, che sovrastino chiaramente rischi e costi (e costo-opportunità). In caso contrario, sia obblighi sia forti raccomandazioni andrebbero evitate, fatta salva la libertà individuale di adottare o meno misure di esito incerto, da parte di soggetti auspicabilmente informati.

6. L’assenza di prove non è necessariamente prova di assenza di un effetto. Già nel 2020 la stessa Cochrane aveva accompagnato con un editoriale una precedente versione di questa revisione, chiedendo ai decisori politici di interpretare i risultati con cautela, in ogni caso non come prova definitiva.[4] L’editoriale del 2023 di Karla Soares-Weiser esprime la stessa cautela. Ricorda, ad esempio, che nello studio più impattante circa gli interventi per promuovere l’uso della mascherina in comunità, il 42,3% delle persone nel braccio di intervento indossava mascherine rispetto al 13,3% in quello di controllo.[5]

In base a quanto richiamato al punto 5 sugli interventi di sanità pubblica, la raccomandazione di cautela dovrebbe tradursi nel non imporre né raccomandare con forza interventi intrusivi, ma a quanto pare i decisori politici hanno fatto ben altro. Insistere a sottolineare che le prove non sono definitive va fatto con questa consapevolezza, citando con forza Sir Austin Bradford Hill: “Ogni lavoro scientifico è incompleto, sia esso osservativo o sperimentale. Ogni lavoro scientifico può essere stravolto o modificato dai progressi della conoscenza. Ciò non ci conferisce la libertà di ignorare la conoscenza che già abbiamo o di rimandare l’azione (o l’astensione dall’azione; ndr) che sembra essere richiesta in un dato momento”.[6]

7. A livello individuale, l’uso corretto della mascherina potrebbe funzionare, come dimostrato anche da studi simulati con manichini nel 2020.[7] Anche lo studio su 1700 operatori sanitari condotto a Pechino (no mascherina N95 sempre Vs N95 solo in procedure ad alto rischio) ha mostrato l’efficacia della mascherina.[8]

Gli studi con manichini dimostrano l’ovvio: che la mascherina può fungere da barriera. Il problema che i fautori unilaterali delle mascherine non riescono ancora a mettere a fuoco è quanto esposto al punto B che segue.

Ma procediamo con ordine:
A) È logico aspettarsi che la mascherina riduca il rischio di infezione in chi la indossa, se il soggetto si trova in effettiva situazione a rischio, accanto a persone con sospetta infezione. Ed è logico che la mascherina riduca la trasmissione a terzi se è infetto chi la indossa. Tali plausibili vantaggi andrebbero comunque pesati rispetto ai molteplici e anche seri problemi per la salute di chi le indossa, richiamati nella Lettera 111 [pag. 14] e descritti in modo ben documentato e analitico in revisioni sistematiche.[9,10] Come ricordavo in un articolo pubblicato nel 2020,[11] “le mascherine non sono solo “un piccolo discomfort per ottenere grandi benefici individuali e collettivi”, ma un compromesso anche per la salute, da spingere solo fin dove sia ragionevolmente chiaro che i benefici sanitari prevalgono sui danni.

Ma soprattutto:
B) nella Lettera 111 [pag. 14] richiamavo il Fögen effect,[12] che molti faticano ad assimilare: se si stanno moltiplicando germi nelle vie respiratorie di chi indossa mascherine, questi ne re-inalerà una parte per 15-20 volte al minuto (con forte auto-inoculo se indossa la mascherina a lungo), aumentando la carica microbica nelle vie aeree, con maggiori possibilità di una sua discesa nei polmoni. Ciò può trasformare infezioni asintomatiche in sintomatiche, o aggravare i sintomi in infetti che indossano mascherine a lungo, senza necessità. La documentazione di questi danni poco considerati si è avuta nelle contee del Kansas:[12] quelle con obbligo di mascherine hanno avuto una letalità maggiore negli infettati, e una mortalità maggiore del 50% circa rispetto a contee dove l’uso delle mascherine era lasciato al buon senso delle persone.

Alberto Donzelli

1. Why Observational Studies shouldn’t be used to assess Respiratory Virus Interventions – Part 2 (substack.com)

2. Effectiveness of Adding a Mask Recommendation to Other Public Health Measures to Prevent SARS-CoV-2 Infection in Danish Mask Wearers: A Randomized Controlled Trial: Annals of Internal Medicine: Vol 174, No 3 (acpjournals.org)

3. Donzelli A. Comment pubblicato 14 dicembre 2020 a DANMASK-19 (ref. 3)

4. https://www.cochranelibrary.com/cdsr/doi/10.1002/14651858.ED000149/full

5. https://www.cochrane.org/news/statement-physical-interventions-interrupt-or-reduce-spread-respiratory-viruses-review

6. Hill AB. The environment and disease: association or causation? Proc Royal Soc Med 1965;58:295‐300

7. https://journals.asm.org/doi/epub/10.1128/mSphere.00637- 20

8. https://www.atsjournals.org/doi/epdf/10.1164/rccm.201207- 1164OC?role=tab

9. Frontiers | Physio-metabolic and clinical consequences of wearing face masks—Systematic review with meta-analysis and comprehensive evaluation (frontiersin.org)

10. Possible toxicity of chronic carbon dioxide exposure associated with face mask use, particularly in pregnant women, children and adolescents – A scoping review: Heliyon (cell.com)

11. Mascherine “chirurgiche” all’aperto: avviare un dibattito per ridiscutere le disposizioni attuali | Epidemiologia&Prevenzione (epiprev.it)

12. Fögen, Zacharias. The Foegen effect: A mechanism by which facemasks contribute to the COVID-19 case fatality rate. Medicine 101(7):p e28924, February 18, 2022 https://journals.lww.com/md-journal/Fulltext/2022/02180/The_Foegen_effect__A_mechanism_by_which_facemasks.60.aspx

13. Spira B (April 19, 2022) Correlation Between Mask Compliance and COVID-19 Outcomes in Europe. Cureus 14(4): e24268. DOI10.7759/cureus.24268

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