Nutrizionisti e Big Food in Brasile

Ricercatore brasiliano nel mirino di Big Food
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“Vieni qui subito, sei sotto attacco”. Questo leggeva in un sms inviatogli da un collega Carlos Monteiro, professore di epidemiologia della nutrizione alla scuola di salute pubblica dell’università di San Paolo, Brasile, mentre assisteva a una sessione parallela del Congresso Internazionale di Nutrizione tenutosi a Buenos Aires nell’ottobre del 2017.

 

L’attacco aveva luogo nel salone principale del congresso ed era rivolto ad una classificazione degli alimenti proposta dallo stesso Monteiro nel 2009.(1) Questa classificazione divide tutti gli alimenti in 4 categorie:

  1. I cibi non processati o minimamente processati, come l’acqua e i prodotti vegetali e animali come appaiono in natura, o con quel minimo di pulizia e processamento (seccaggio, salatura, fermentazione, refrigerazione, etc) che serve a conservarli quando non si consumano freschi.
  2. Gli ingredienti processati per uso culinario, come olio, burro, grassi, zucchero, sale e cibi derivanti dalla prima categoria come farine, conserve e pasta. Di solito non si consumano come tali, ma per ricette che fanno uso di alimenti del primo gruppo.
  3. Cibi processati come verdure e pesci in scatola, frutta sciroppata, formaggi e pane fresco, preparati di solito con pochi ingredienti delle prime due categorie. Possono essere consumati come tali o usati in combinazione con cibi delle altre due categorie.
  4. Gli alimenti ultra-processati, definiti come “formule industriali prodotte da sostanze derivate da cibi o sintetizzate da altre fonti organiche. Generalmente contengono poco o nessun cibo integrale, sono pronti all’uso o ad essere riscaldati, e sono grassi, salati e privi o carenti di fibre, proteine, micronutrienti ed altre sostanze attive.” Tipici esempi sono dolci, snack dolci e salati, gelati, bevande zuccherate, patatine fritte, hamburger, hot dogs, bastoncini di pesce o pollo, piatti pronti surgelati, etc. Anche le formule infantili a base di derivati di latte o soia ricadono in questa categoria.

Questa classificazione, conosciuta come NOVA (non è un acronimo), ha stravolto i tradizionali sistemi di classificazione, basati sui macro (carboidrati, proteine, grassi) e micro (vitamine, minerali) nutrienti, sostituendoli in base a criteri di produzione o processamento degli alimenti. La categoria NOVA che più dava fastidio ai congressisti del salone principale è la quarta, quella degli alimenti industriali ultra-processati. E dà fastidio anche all’industria, perché sono questi cibi, noti anche come junk food o cibo spazzatura, ad essere accusati di contribuire maggiormente, assieme ad altri fattori, all’attuale epidemia globale di obesità.(2) Le altre tre categorie di cibi sono state alla base della nostra alimentazione fin dalla comparsa dell’homo sapiens sulla terra. Gli alimenti ultra-processati sono un’invenzione recente.

Il mercato degli alimenti ultraprocessati è dominato da una manciata di multinazionali nota come Big Food.(3) Dagli anni ‘80 del secolo scorso, avvantaggiate da regole sempre più favorevoli al libero mercato, queste multinazionali hanno aumentato vertiginosamente il volume dei loro investimenti globali, dai 61 milioni di dollari del 1985 ai 1730 miliardi del 2015.(4) Ciò ha cambiato drasticamente i consumi alimentari dei paesi a medio e basso reddito, soprattutto tra i bambini e gli adolescenti. É il risultato di enormi investimenti in pubblicità (Coca Cola e Nestlè, per esempio, hanno speso nel 2014 6.21 miliardi di dollari a questo fine) e di una continua e sistematica azione di lobby con governi, organizzazioni internazionali, istituzioni nazionali e locali, associazioni professionali e di consumatori, e chi più ne ha più ne metta. Questa azione di lobby usa gli stessi metodi sperimentati con successo dapprima dall’industria del tabacco e poi da quella dei sostituti del latte materno:(5)

  1. manovre per dirottare le procedure politiche e legislative;
  2. esagerazione dell’importanza economica dell’industria;
  3. manipolazione dell’opinione pubblica per guadagnare in rispettabilità;
  4. creazione di sostegno ingannevole da parte di gruppi appositamente finanziati;
  5. intimidazione di governi e istituzioni, con minacce di denunce;
  6. screditamento di ricerca e ricercatori scientifici.

Quest’ultima azione non poteva mancare nei confronti di Carlos Monteiro. Al congresso di Buenos Aires, la presidentessa dello stesso, basandosi su un articolo di Michael Gibney,(6) dell’università di Dublino, lo ha accusato di irresponsabilità: “La comunità scientifica mondiale questiona il fondamento scientifico e i benefici di NOVA, che implica inoltre un’ingiustificata demonizzazione degli alimenti processati e il ruolo storico cruciale giocato dalla scienza e dalla tecnologia degli alimenti”. Sorvolando sul fatto che Monteiro non ha mai “demonizzato” i cibi processati, caso mai quelli ultra-processati, e dimenticandosi di dire che Michael Gibney siede nei comitati scientifici di Nestlè e di Cereal Partners Worldwide. E che l’American Journal of Clinical Nutrition, che pubblica l’articolo di Gibney, è l’organo ufficiale dell’American Society for Nutrition, che conta tra i suoi 28 partners Coca Cola, Kellogg, PepsiCo, Nestlé, Monsanto, etc.

E invece c’è ormai una sufficiente letteratura per poter affermare che l’aumento del consumo di cibi industriali ultra-processati è associato a un aumento dell’obesità in adulti e bambini e ad un aumento del rischio di malattie non trasmissibili legate alla dieta.(7,8) Le istituzioni di salute pubblica dovrebbero quindi raccomandare di diminuire il consumo di questi cibi a favore del consumo di quelli delle altre tre categorie, e soprattutto delle prime due. Ma probabilmente non è possibile mettere in pratica questa raccomandazione a livello globale, e con un occhio all’equità, senza una regolamentazione della produzione e del marketing degli alimenti ultra-processati e senza incentivi e disincentivi a favore dei cibi più sani e contro quelli malsani. Questa regolamentazione dipende chiaramente e solo dalla volontà politica di metterla in atto, quando salute e nutrizione saranno considerate più importanti del mercato e dei profitti.

A cura di Adriano Cattaneo

  1. Monteiro CA . Nutrition and health. The issue is not food, nor nutrients, so much as processing. Public Health Nutr 2009;12:729–31
  2. PAHO. Ultra-processed food and drink products in Latin America: trends, impact on obesity, policy implications. Washington, DC: PAHO. 2015 http://www.paho.org/hq/index.php?option=com_content&view=article&id=11153%3Aultra-processed-food-and-drinkproducts&catid=4999%3Adocuments&lang=em
  3. Stuckler D, Nestle M. Big food, food systems, and global health. PLoS Med 2012;9:6
  4. Organisation for Economic Co-operation and Development. Foreign Direct Investment (FDI) Statistics: OECD Data, Analysis and Forecasts. Paris, OECD, 2016 http://www.oecd.org/corporate/mne/statistics.htm
  5. Granheim Ionata S, Engelhardt K, Rundall P, et al. Interference in public health policy: examples of how the baby food industry uses tobacco industry tactics. World Nutrition 2017;8(2)
  6. Gibney MJ, Forde CG, Mullally D, Gibney ER. Ultra-processed foods in human health: a critical appraisal. Am J Clin Nutr 2017;106:1-8
  7. Santos Costa C, Del-Ponte B, Formoso Assunção MC, Silva Santos I. Consumption of ultra-processed foods and body fat during childhood and adolescence: a systematic review. Public Health Nutr 2018;21:148-59
  8. Monteiro CA, Moubarac JC, Bertazzi Levy R, et al. Household availability of ultra-processed foods and obesity in nineteen European countries. Public Health Nutr 2018;21:18-26