Morire durante la sperimentazione di un farmaco inutile

Un volontario è morto quest’anno in Francia durante lo studio sperimentale di un farmaco appartenente ad una nuova categoria di inibitori di mediatori cerebrali (FAAH). Il farmaco, apparentemente di grande interesse, non ha ancora trovato un qualche uso specifico.

Tra il 2009 e il 2014 molte aziende farmaceutiche avevano depositato brevetti per proteggere il “loro” inibitore FAAH (Sanofi, Pfizer, Merck e altre) e avviato studi di fase I. In vista della richiesta di brevetto, l’azienda portoghese Bial aveva chiesto alle autorità americane di poterlo usare per almeno 41 malattie, dall’obesità all’ipertensione alle sindromi dolorose, glaucoma, Parkinson, sclerosi a placche ecc., con il codice BIA 10-2474.

 

Nel gennaio 2015 era apparso sul BMJ un articolo profetico che invitava all’estrema prudenza negli studi di fase I, quelli cioè dove il farmaco viene assunto per la prima volta da pochi volontari sani per testarne sicurezza e tollerabilità. Al proposito veniva ricordata la vicenda del 2006, quando il TGN1412, un farmaco pressoché innocuo negli animali, aveva provocato una tempesta citokinica assolutamente imprevedibile e condotto in poche ore tutti e sei i volontari ad una gravissima insufficienza multiorgano. Del fatto ne aveva parlato ampiamente Ben Goldacre nel suo “Effetti Collaterali”.

 

La molecola portoghese era stata presentata come un inibitore ‘reversibile’ di FAAH, dunque a bassa tossicità e non pericoloso. In diversi studi di fase I fino ad allora condotti su un’ottantina di volontari sani non aveva destato preoccupazione alcuna. La portoghese Bial aveva commissionato questo nuovo studio al laboratorio Biotral di Rennes, Francia, specializzato in questo genere di trial. Durante la sperimentazione, iniziata il 9 gennaio 2016, uno dei sei partecipanti manifestava improvvisamente sintomi neurologici importanti e veniva ricoverato d’urgenza. Il giorno dopo anche gli altri cinque presentavano problemi analoghi ed entravano in ospedale. Dopo una settimana, uno di questi decedeva, mentre gli altri venivano dimessi, alcuni con sequele neurologiche importanti ed in parte irreversibili.

 

All’indomani del decesso di uno dei volontari, dalle colonne di Le Figaro il fratello della vittima tuonava “hanno mentito a tutti i volontari”. Mio fratello – proseguiva nelle dichiarazioni al giornale – aveva ricevuto 1900 € di indennità e come gli altri 4 volontari aveva firmato un consenso “informato” dove i rischi potenziali erano stati presentati come bassi. Aveva bisogno di danaro in quel periodo, ma era tranquillo poiché aveva già partecipato più volte a studi sperimentali con la stessa azienda senza problemi.

 

Il 22 gennaio 2016 sempre Le Figaro pubblicava integralmente il protocollo dello studio, reso noto ‘ufficialmente’ poco dopo anche dall’agenzia francese del farmaco. Dal documento si apprendeva che lo studio prevedeva l’assunzione di dosaggi via via crescenti del BIA 10-2470. A Guillaume Molinet, questo il nome della vittima, inglese, 49 anni, erano state somministrate le sei dosi crescenti nello stesso giorno, con esito fatale. Nel corso di un’intervista a Nature, una biostatistica che collabora con il ministero della sanità francese dichiarava che questa modalità era ‘da irresponsabili’. La giustificazione parziale, addotta dalla ministra della sanità francese Marisol Touraine il 15 gennaio, che il fatto era imprevedibile poiché il farmaco era stato testato anche sugli scimpanzé, non ha migliorato le cose. Come abbiamo ricordato, il TGN1412, che pure era già stato testato anche nei primati, aveva prodotto effetti gravissimi ed inaspettati sull’uomo. La stessa ministra però, nelle dichiarazioni alla stampa, rilevava alcune gravi anomalie nello studio. I volontari non erano stati avvertiti che un loro collega era stato ricoverato, né era stata loro data la possibilità di ritirare il consenso informato. Lo studio stesso non veniva affatto interrotto dopo questo primo evento, anzi il giorno dopo gli altri 5 volontari ricevevano la stessa dose di farmaco. L’incidente poi, altra anomalia, era stato segnalato all’agenzia francese del farmaco con quattro giorni di ritardo.

 

Da questa drammatica vicenda sono scaturite subito nuove raccomandazioni che avrebbero potuto essere messe in pratica solo con un poco di buon senso, come quella di prevedere dei test neurocognitivi quando si usano molecole che agiscono sul sistema nervoso centrale. Gli studi di fase I dovrebbero essere resi immediatamente pubblici, specie se interrotti prematuramente. Si dovrebbe attendere più tempo tra una somministrazione e l’altra del farmaco per valutare meglio gli effetti collaterali. Ma la raccomandazione più importante, che il comitato etico avrebbe dovuto imporre fin dall’inizio, sarebbe stata quella di non testare sull’uomo un farmaco del quale non si conosce il potenziale terapeutico. Nel caso il questione, il BIA 10-2472 non aveva alcun uso specifico noto, veniva sperimentato sull’uomo a dosaggi crescenti proprio nella speranza di trovare una qualche azione nell’organismo umano, tale da permettere in futuro un suo uso commerciale. Viene al proposito da interrogarsi sulla responsabilità morale dell’azienda farmaceutica. Dal momento che tutti i farmaci sono potenzialmente tossici mentre solo alcuni di essi si dimostrano utili, non si dovrebbero sperimentare quelli che non hanno dimostrato di avere quest’ultimo requisito.

 

Sempre dalle colonne di Le Figaro, che si è estesamente occupato della vicenda, si è fatto notare il ritardo dell’Europa nell’imporre maggiore trasparenza nello svolgimento degli studi clinici. Il nuovo regolamento degli studi sull’uomo vedrà la luce solo nel 2018, per ora la trasparenza in questo campo latita. EMA dovrà preparare e gestire un portale internet che doveva essere già disponibile quest’anno e dove verranno pubblicati tutti i circa 4000 studi clinici iniziati ogni anno, 61% dai laboratori privati e 39% da università e ospedali. Gli autori degli studi saranno obbligati a pubblicare nel dettaglio tutti i risultati, anche quelli negativi, e questo permetterà di valutare meglio la tossicità di alcune molecole. La trasparenza dovrebbe essere un prerequisito imprescindibile quando si sperimenta sull’uomo.

 

Ricerca e libera traduzione a cura di Giovanni Peronato

 

Bibliografia consultata:

Hawkes N. French drug trial had three major failings, says initial report. BMJ 2016;352:i784

Hawkes N. French drug trial protocol fails to answer key questions. BMJ 2016;352:i466

Moore N. Lessons from the fatal French study BIA-10-2474.   BMJ 2016;353:i2727

Rennes : six personnes dans un état grave après un essai clinique. Le Figaro 15/01/2016

L’Europe tarde à imposer la transparence sur les essais cliniques. Le Figaro 15/01/2016

Essai clinique de Rennes: l’un des six volontaires hospitalisés est décédé. Le Figaro 17/01/2016

Essai de Rennes: Bia 10-2474, le médicament qui a surpris tous les experts. Le Figaro 18/01/2016