La prescrizione del valproato nelle donne in età fertile: proibire o scegliere?

Maddalena ha 23 anni, a 6 anni ha presentato alcuni episodi di perdita di coscienza, è stata a lungo studiata fino alla diagnosi di epilessia generalizzata e trattata con efficacia con vari farmaci anticomiziali. Ormai adulta, assume valproato con dosaggio plasmatico in range ed è in trattamento contraccettivo orale.

 

Si discute l’opportunità di modifica del trattamento antiepilettico in atto, di cui vengono illustrate le caratteristiche rispetto a rischio di fetopatia e disturbi dello sviluppo in un’ipotetica gravidanza, e si pone in atto un graduale passaggio ad altro farmaco che comporta un minor rischio di sofferenza fetale nel caso in cui la copertura contraccettiva dovesse essere inefficace oppure vi fossero dimenticanze nell’assunzione. Per un anno la nuova terapia è efficace, ovvero non vi sono crisi, e ottimamente tollerata. Maddalena ha una vita intensa di studio, lavoro, impegni sociali e serate con gli amici. Una notte durante una festa, assume alcool e va a dormire molto dopo il suo orario abituale; l’indomani sperimenta una crisi convulsiva generalizzata al risveglio. Viene portata al Pronto Soccorso dove i medici interpretano la crisi come evidenza di scarsa copertura farmacologica e reintroducono valproato. Solo dopo molti mesi Maddalena ritorna nell’ambulatorio neurologico e le viene nuovamente proposto di ridurre gradualmente il valproato potenziando l’altro antiepilettico e facendo molta attenzione allo stile di vita, specie evitando l’assunzione di alcool e mantenendo un regolare ritmo sonno/veglia. Ma la giovane paziente è demotivata rispetto al cambiamento e preferisce mantenere i due farmaci: adesso che ha due antiepilettici si sente più sicura, e poi assume il contraccettivo orale.

Alcuni scenari sono ipotizzabili per il futuro di Maddalena:

  • contatto regolare col neurologo e dopo alcuni anni, quando decide di sospendere il valproato per poter avere un bambino, graduale riduzione e sospensione mantenendo ed eventualmente potenziando l’altro farmaco;
  • regime “fai da te” che conduce a tentativi autonomi di riduzione della terapia con controllo insoddisfacente delle crisi;
  • casuale dimenticanza dell’assunzione del contraccettivo orale e manifestazione di grande angoscia rispetto ad una gravidanza indesiderata con rischio di fetopatia da valproato per cui si chiede l’aiuto del neurologo ancora prima che vi sia una conferma del concepimento;
  • gravidanza indesiderata, ma sottovalutazione del rischio di sofferenza fetale da valproato e ricorso tardivo al neurologo dopo molte settimane di gravidanza.

Solo lo scenario 1 è auspicabile, naturalmente, ma richiede da parte della paziente una grande consapevolezza non sempre sviluppata in un soggetto giovane che vive la malattia come una vessazione e può sottrarsi alla disciplina che richiede.

Quali sono le responsabilità dei prescrittori rispetto al rischio di malformazioni congenite e disturbi dello sviluppo da valproato che è noto essere maggiore rispetto agli altri antiepilettici nei nati da madri che lo assumevano in gravidanza? L’articolo di Angus-Leppan e Liu comparso sul BMJ del 18 aprile 2018 “Weighing the risks of valproate in women who could become pregnant” (BMJ 2018;361:k1596) analizza la gamma di posizioni espresse da vari organismi in vari paesi rispetto alla prescrizione di valproato in donne in età fertile e ne analizza i pro e i contro. Dalla restrizione maggiore con esclusione assoluta di tale trattamento in donne che possano diventare gravide, a considerare il valproato in queste pazienti solo in assenza di alternative, ovvero nel caso in cui privarle di tale opportunità terapeutica sia un danno documentabile per loro ed un danno potenziale per il feto – connesso alle crisi non controllate – maggiore del rischio di fetopatia, all’informazione puntuale delle pazienti in modo da consentire loro di scegliere con consapevolezza del rischio. Nel caso di Maddalena vi sono stati comportamenti contrastanti fra medici e la ripetuta informazione da parte del neurologo non è bastata a convincere una paziente giovane che potrebbe aver sottovalutato il rischio. Sul versante decisionale il comportamento difforme fra medici è la pietra tombale della migliore pratica clinica e quindi un comportamento restrittivo uniforme e obbligato per i medici rappresenta il passo normativo fondamentale. L’obbligo può essere la proibizione di prescrivere valproato a donne in età fertile temperato dall’eccezione in presenza di dimostrata inefficacia di altri trattamenti in modo da non privare una paziente di un vantaggio dimostrato rispetto ad un danno ipotetico del feto.

Nonostante la diffusione di materiale informativo per le pazienti ed i sanitari da parte di Sanofi, Zentiva, Teva, Alfasigma, Sandoz, EG, concordato con AIFA e distribuito nel maggio 2016, l’introduzione del pittogramma sulla confezione esterna del farmaco come specifica avvertenza (GU 27 maggio 2017) e il monitoraggio addizionale del farmaco (nota informativa AIFA maggio 2016), come mai il dibattito su questo tema è così limitato in Italia? Come si può ritenere che un opuscolo informativo ed un modulo di consenso in cui la paziente ammette la conoscenza del rischio siano una reale protezione della donna e non prevalentemente una precauzione per evitare rivendicazioni future? L’asimmetria fra la posizione del prescrittore e dell’autorità che provvede agli aspetti normativi da una parte e la donna che assume il farmaco dall’altra non può essere colmata con un opuscolo informativo e il comportamento del medico deve essere uniformemente restrittivo.

 

Mariolina Congedo, neurologo Distretto di Udine, ASUIUD