FACT OR FICTION? Cosa devono sapere i professionisti della salute sul marketing dei farmaci nell’Unione Europea

Regalo di Natale per tutti i NoGrazie
(ma anche per tutti coloro che non ne possono più del marketing di Big Pharma)

 
Health Action International (HAI) ha pubblicato una dispensa sul marketing dei farmaci in Europa. Potrebbe essere un utile materiale didattico per medici e studenti. L’originale è reperibile qui: http://haiweb.org/wp-content/uploads/2016/10/Fact-or-Fiction-1.pdf .
Il manuale di HAI è veramente interessante e fornisce una bibliografia altrettanto utile, ma 72 pagine in inglese potrebbero scoraggiare un poco il lettore, specie uno studente con tempi sempre più stretti. Una traduzione letterale non supererebbe l’inconveniente. Così Giovanni Peronato ha pensato di adattarlo e condensarlo in una decina di pagine, cercando di non omettere i concetti più importanti. Questo documento condensato è offerto ai nostri lettori come regalo di Natale.
ll report completo realizzato da Health Action International (HAI) è disponibile al seguente indirizzo: http://haiweb.org/wp-content/uploads/2016/10/Fact-or-Fiction-1.pdf
Prefazione
Gli operatori della sanità sono esposti in modo pressante al marketing farmaceutico. Vi sono evidenze di come l’informazione fornita della aziende non porti ad alcun miglioramento delle prescrizioni, ma possa influire negativamente sulle stesse e sul comportamento professionale.(1) Gli operatori sanitari vengono in contatto con materiale promozionale già da studenti senza che nel contempo siano forniti strumenti critici adeguati. Ciò rende gli operatori stessi impreparati al confronto con il potere persuasivo messo in campo dalle aziende farmaceutiche, con il risultato di prescrizioni inadeguate o informazioni distorte nei confronti dei pazienti.

Obiettivi dell’opuscolo sono:
1. Comprendere i metodi della promozione farmaceutica.
2. Saper valutare l’impatto delle tecniche promozionali sulla salute pubblica.
3. Conoscere le regole dell’Unione Europea sulla promozione farmaceutica.
4. Saper affrontare in modo critico e imparare a valutare le tecniche di marketing per salvaguardare la medicina basata sulle evidenze.

La maggior parte degli studenti in medicina non riceve informazioni adeguate per saper rispondere criticamente alla promozione farmaceutica.
Il caso del Tamiflu..
Il Tamiflu® (oseltamvir) incarna un esempio lampante di come la mancanza di trasparenza sui trial clinici possa influire sulla salute pubblica.
Durante la pandemia influenzale del 2009 il Tamiflu, agente antivirale, veniva ampiamente raccomandato dalle autorità sanitarie dli USA, UE e Australia, in quanto il farmaco aveva mostrato di poter ridurre le complicanze dell’influenza.
L’efficacia del prodotto è basata tutta su una metanalisi del 2003, dove venivano considerati 10 trial condotti
nella seconda metà degli anni ’90 da Roche. Risultava che il Tamiflu® aveva ridotto le complicanze dell’influenza e le conseguenti ospedalizzazioni.
I governi ne avevano così fatto una scorta considerevole, nonostante i costi elevati.
Un gruppo di ricercatori indipendenti della Cochrane Collaboration conduceva poi nel 2010 una ricerca per stabilire le reali proprietà del farmaco. Per arrivare a risultati definitivi dovettero consultare anche studi non pubblicati.
Gli esperti concludevano che il Tamiflu® non possedeva le proprietà millantate, non riduceva cioè né le complicanze dell’influenza né le ospedalizzazioni. I modesti effetti sui sintomi non valevano a bilanciare gli effetti avversi.(2)
La ricerca sistematica dei dati aveva svelato che gli studi dove erano presenti gli effetti avversi non erano stati pubblicati e che parte di quelli disponibili al pubblico non erano stati scritti dai firmatari ma da cosiddetti ghostwriter ( scrittori fantasma) pagati dall’azienda produttrice.

CAPITOLO I
Promozione attraverso il ciclo vitale di un prodotto farmaceutico
Innovazione o mercato?
La promozione di un farmaco ricalca il suo ciclo vitale: The Drug Life Optimisation Model (DLO). Per ottimizzare i profitti una strategia comunemente usata è quella di dividere il periodo di marketing (vita del farmaco) in tre stadi, la fase di pre-lancio (iniziale), il ciclo del mercato in esclusiva (intermedio) e quello dopo la perdita del brevetto (tardivo).
La fase iniziale prevede la formazione della consapevolezza di una certa affezione o malattia e prepara il pubblico ad un bisogno da soddisfare. In questo periodo si cerca di pubblicare solo gli studi favorevoli come è stato dimostrato per i coxib (Vioxx), gli antidepressivi, il Tamiflu. Dopo l’esclusiva (intermedio) che dura in genere 20 anni, a brevetto scaduto, inizia la fase di competizione con i generici, con battaglie legali, ricorsi alle agenzie del farmaco, modifiche alla formulazione del prodotto, sostegno pubblicitario per dimostrare che in ogni caso l’originale è più sicuro del generico. Viene fatto credere che il profitto raggiunto in fase tardiva andrà reinvestito in nuovi prodotti affidabili oltre a ripagare le spese di produzione. In realtà l’obiettivo è quello di mantenere il farmaco nel mercato il più a lungo possibile.
• Vera innovazione o semplicemente marketing? Blockbuster è un farmaco che riesce a raggiungere o superare la fatidica barriera di un milione di dollari di profitto.
• Me-too è un farmaco che con piccole modifiche alla molecola cerca di imitare il blockbuster per eroderne una fetta di mercato, senza offrire vantaggio alcuno.
Così la rivista Prescrire ha recentemente riclassificato i farmaci apparsi sul mercato dal 1981 al 2010 dividendoli in tre categorie di valore terapeutico, negativo, neutro e positivo. Quest’ultima era la categoria meno rappresentata, evidenziando come la maggior parte dei farmaci non rappresenti un reale avanzamento nell’armamentario terapeutico.(3)
Tra il 2000 ed il 2007 la spesa per la ricerca si è attestata sul 17% del bilancio di una azienda farmaceutica mentre il marketing è arrivato al 23%, ciò dimostra come molti prodotti restino sul mercato perché fortemente pubblicizzati a scapito del progresso terapeutico.(4)
• Niche-buster: farmaco per indicazioni molto limitate, ma dai costi elevatissimi, che può raggiungere profitti notevoli, divenendo a sua volta un blockbuster, pur con pochi pezzi venduti. Questo si può ottenere anche per l’induzione ad impieghi off-label, cioè per indicazioni non ufficialmente registrate di impiego.
CAPITOLO II
Il marketing dei farmaci
Come scriveva nel 2008 Jack Trout nella sua analisi “L’antidoto all’attuale confusione dei mercati”, il marketing è una battaglia sulla percezione, non sul prodotto in sé. Posizionarsi nel mercato vuol dire far percepire positivamente il proprio brand al consumatore. Far sentire la presenza di un marchio, di un logo, è la vera battaglia; una volta che il brand è percepito come positivo, non occorre più dimostrarlo nuovamente, “basta la parola”.(5)
Il farmaco che venderà di più non sarà necessariamente il migliore ma quello percepito come tale. Nel 2012 i farmaci sono arrivati al 20% della spesa UE per la salute, la voce più importante dopo le cure ospedaliere ed extra-ospedaliere.(6) Si tratta di un mercato con regole “speciali”. I farmaci sono un prodotto di largo consumo ma che può avere effetti negativi sulla nostra salute. Per questo il paziente non decide cosa acquistare, lo fanno i medici, che non pagano il prodotto, il quale sarà a carico del servizio sanitario o delle assicurazioni. Di questa catena, l’anello più importante per le case farmaceutiche è il medico, unico prescrittore, quello che devono ‘motivare’ per ottimizzare i profitti.
Le leve per attuare questa persuasione più o meno occulta sono cinque:
1. suggerire che il proprio farmaco rappresenta la scelta ‘migliore’ per il paziente;
2. fornirne le evidenze senza far sprecare tempo prezioso al professionista;
3. costruire la credibilità del prodotto;
4. far percepire il prodotto come alternativa più recente nella selva dei concorrenti me-too;
5. far percepire la scelta del prodotto come la più razionale (e non invece influenzata dal marketing).
A proposito di quest’ultimo punto, una ricerca del 2012 su ottanta studenti di medicina tedeschi ha rilevato che solo un quarto ritiene che sarà influenzato in futuro dagli omaggi delle case farmaceutiche, quasi la metà però pensa ne saranno influenzati i futuri colleghi di lavoro.(7)
Il primo passo per relazionarsi in modo critico con le attività promozionali è ammettere di essere ‘umani’ e come tali vulnerabili nei riguardi della persuasione inconscia.
CAPITOLO III
Strategie di mercato usate dalle Aziende farmaceutiche
La strategia diversificata cosiddetta ‘multi canale’ (multi-channel) consiste nel fare arrivare al medico lo stesso messaggio su un dato prodotto attraverso canali informativi diversificati. I ‘canali’ sono rappresentati di volta in volta da medici autorevoli (i cosiddetti Key Opinion Leader – KOL), dai rappresentanti, dalla percezione del prodotto come ‘di qualità’, dall’uso sapiente dei media, dalla tecnica di espansione del mercato.
1. La vendita basata sulle relazioni personali

I rappresentanti del farmaco
Si mira a creare un rapporto di amicizia e fiducia con il medico attraverso i rappresentanti del farmaco (chiamati così in tutto il mondo eccetto che in Italia, dove li chiamiamo ‘informatori scientifici’). Si deve trovare qual è la chiave per entrare in sintonia con il medico offrendo qualcosa: un gadget, un pranzo, soltanto l’iscrizione o la partecipazione onnicomprensiva ad un congresso.
Scrive ancora Shahram Ahrari, già rappresentante del farmaco: “è un gioco di scambio, il medico percepisce la relazione come di amicizia, mentre il rappresentante non deve dimenticare mai che sta parlando con un cliente”. “È mio compito trovare il prezzo di ogni medico. Per indurlo a prescrivere un farmaco talvolta basta la persuasione, per altri gli studi scientifici, per altri ancora un pranzo nel migliore ristorante, ma in ogni caso esiste sempre un prezzo per fare il gioco di scambio.”(8)
Si inizia dall’università. Una ricerca del 2010 effettuata a Gottinga, in Germania, ha mostrato che i contatti fra studenti di medicina e rappresentanti del farmaco sono passati dal 21% all’inizio degli studi, al 77% l’ultimo anno.(9) Sempre nel 2010, un’altra ricerca ha evidenziato come almeno il 74% degli studenti di medicina svedesi abbia avuto almeno un contatto con i rappresentanti del farmaco durante il corso di laurea.(10)
Non pochi medici, presi dai tempi stretti del loro lavoro, si affidano principalmente alle informazioni ricevute dai rappresentanti, anche se la letteratura ha riconosciuto questa fonte di aggiornamento incompleta, distorta e asimmetrica nel bilanciamento fra effetti positivi e negativi di un prodotto. Uno studio di Barbara Mintzes in Canada ha rivelato come meno del 2% delle informazioni fornite ai medici su 1692 colloqui promozionali, siano ‘adeguate’ in rapporto alla sicurezza dei farmaci in questione.(11,12)
I medici pensano di essere immuni dalle tecniche di persuasione ma esistono numerose evidenze di come la prescrizione di un farmaco sia in rapporto diretto con il numero di visite dell’informatore. La soluzione sarebbe quella di andarsi a cercare informazioni non distorte, da contrapporre a quelle dei rappresentanti, ovvero nel non ricevere visite da parte degli stessi.

Gli ‘omaggi’
Si inizia dagli studenti degli ultimi anni con una pizza o una colazione veloce, poi uno stetoscopio, un manuale pratico di medicina, un corso ECM e così via. Più tardi si offriranno ai medici la partecipazioni a congressi, viaggi e soggiorni, gadget costosi. Tutto questo influenza negativamente le prescrizioni nel senso della loro razionalità, con aumento dei costi e ridotto uso di prodotti generici.(8,13)

2. Come fornire l’informazione e costruire interesse per il prodotto
Il conflitto di interessi tra sponsor ed autori delle linee guida (LG) ha ridotto queste ultime a strumento di marketing.(4) La letteratura ci ha mostrato come spesso molti degli estensori di LG abbiano ricevuto importanti sovvenzioni da parte delle aziende farmaceutiche, soprattutto quando si tratta di usare prodotti branded. Uno studio sul conflitto di interessi su 245 autori di 45 linee guida emanate da 14 società scientifiche danesi riguardanti l’uso di farmaci ha rivelato come il 53% degli estensori avesse avuto rapporti con una o più aziende farmaceutiche nei tre anni precedenti.(15)
J. Lenzer ha approntato una serie di avvertenze di cui tenere conto quando si deve leggere e interpretare una LG. Queste debbono essere redatte da società scientifiche e da esperti privi di conflitti di interesse, debbono essere state revisionate da un gruppo di membri esterni anche laici (operatori sanitari, pazienti, rappresentanti di associazioni interessate).
Infine, per alimentare il mercato, una consolidata strategia consiste nel fornire campioni di medicinali, che l’industria farmaceutica spaccia come facilitazione per pazienti meno abbienti. In realtà poi il paziente continuerà ad usare quel farmaco e finirà spesso per spendere di più.(14)

3. L’uso del media
La carta stampata, attraverso la pubblicità inserita nelle riviste biomediche, ed oggi ancor più la rete, sono un mezzo di comunicazione veramente efficace. Purtroppo le immagini associate agli annunci pubblicitari possono fornire una comunicazione fuorviante, gli obiettivi che si sostiene essere raggiunti dal farmaco sono magari soltanto un outcome surrogato, quasi mai vengono segnalati gli effetti collaterali o le controindicazioni, talora non compare nemmeno una voce bibliografica di riferimento, il tutto contravvenendo ai criteri per una promozione etica del farmaco stilati dall’OMS nel 1988.
Un altro uso spregiudicato dei media consiste nell’affidare la firma di un articolo (già preparato allo scopo da un ghostwriter) ad un noto esperto della materia (guest author) senza che abbia materialmente partecipato alla stesura dello stesso. L’articolo avrà così particolare seguito per la fama del KOL come primo firmatario. Un esempio per tutti, lo scandalo che ha coinvolto qualche tempo fa Elsevier (casa editrice del Lancet) e Merck, per la pubblicazione di una rivista spacciata per indipendente, The Australian Journal of Bone and Joint Medicine, al solo scopo di promuovere il Vioxx® (rofecoxib) e altri prodotti dell’azienda americana.(16)
Una ricerca recente ha dimostrato come la tecnica del ghostwriting & guest authorship sia stata usata nel 21% degli articoli apparsi su sei importanti testate scientifiche.(17)
Anche i cittadini possono diventare target del marketing. Fortunatamente la pubblicità diretta di un farmaco al consumatore (DTCA = direct-to-consumer-advertising) è bandita in UE, almeno per il momento. Ma esistono le awareness campaign (campagne di informazione) che possono trasformarsi in pubblicità occulta. Al termine della campagna le prescrizioni di farmaci aumentano, anche se il prodotto non è stato direttamente menzionato, basta che si usi la frase “chiedi al tuo medico”. Così è stata la fortunatissima campagna Pfizer sulla disfunzione erettile per vendere il Viagra.
Oggi, parte degli investimenti pubblicitari sono rivolti verso il mondo digitale, fino ad una spesa del 25% del budget per il marketing.(18) Si moltiplicano i portali di consulenza, gli eventi online, anche per ottenere crediti ECM. Talora si arriva a costruire veri e propri giochini a quiz, discussioni sponsorizzate, gruppi di scambio opinioni su Facebook, Twitter o Instagram.
Un altro modo per entrare nel favore dei medici è la distribuzione di app per la gestione dei dati, della cartella clinica o per la scelta dei prodotti. Per questi programmi si usa il termine ‘centrato sul paziente’ quando si potrebbe dire ‘centrato sul consumatore’.
Quanto sopra contribuisce ad un aumento di prescrizioni e di costi e porta a informazione non corretta.

4. Come espandere il mercato
Creare il bisogno di un prodotto è un must nella strategia del marketing e viene usato in diversi modi: il disease mongering ne è un esempio, un altro è la spinta ad usi off-label o le campagne di ‘aderenza’ alla terapia.

Disease mongering
Letteralmente ‘vendita di malattie fasulle’, che si può realizzare in diversi modi. Si possono ad esempio abbassare i parametri che dividono il sano dal potenzialmente malato, quali i valori di pressione, di colesterolo o di glicemia. Si possono trasformare situazioni usuali come la timidezza, la calvizie, la menopausa in vere e proprie affezioni da curare. Si possono esagerare i rischi di una certa malattia con campagne pubblicitarie aggressive. Un esempio famoso è quella che mostrava un cadavere chiedendo se si preferiva misurarsi il colesterolo o subire un’autopsia.(19)
Emblematico il caso del Viagra, farmaco con una nicchia di utilizzo nelle impotenze erettili da lesioni spinali, diabete avanzato o problemi circolatori. Queste indicazioni porterebbero ad un uso limitato del farmaco, mentre nel sito web di Pfizer è scritto che circa il 50% degli uomini con più di 40 anni soffre di un certo grado di deficit erettile, giocando sulla definizione incerta del termine ‘deficit’.(20)

Off Label
Un altro modo per espandere il consumo di un farmaco è quello di spingere al suo utilizzo per indicazioni non registrate (off label) magari pagando opinion leader o offrendo corsi ECM. Un ben noto esempio sono i farmaci biologici in oncologia dove l’off label può arrivare al 75% dell’uso reale.
Ricordiamo inoltre la vicenda del Mediator® (benfluorex) registrato inizialmente come terapia del diabete e poi usato come soppressore dell’appetito in molti paesi europei, oltre alla Francia dove era stato registrato. Il pericolo di questo uso sempre più estensivo e privo di indicazioni ufficiali è stato stigmatizzato dalla rivista francese Prescrire sin dal 1997. La stessa rivista, un bollettino indipendente sui farmaci, ha successivamente raccontato tutta la storia che ha dell’incredibile. Dopo un lungo tira e molla il farmaco è stato ritirato dal commercio dopo aver causato, così si stima, ameno 2000 morti. Un grave conflitto di interessi nell’ente regolatore francese, con complicità multiple, ha permesso la sua permanenza in commercio per quasi 12 anni.(21)

Aderenza
Un ulteriore modo per attuare il disease mongering è creare condizioni di maggiore aderenza alla terapia attraverso programmi ad hoc che motivino medici, farmacisti e magari anche i pazienti, a mantenere la terapia più a lungo possibile.

5. L’uso dei Key Opinion Leader (KOL)
Si tratta di trovare accademici credibili, ricercatori o medici con abilità comunicative che non vengano percepiti dal pubblico come immagine diretta dello sponsor. Non ci sono inviti palesi ad usare un certo prodotto, ma è facile misurare l’impatto promozionale attraverso l’incremento di fatturato dopo il loro intervento. I KOL ricevono lauti compensi per le loro conferenze, viaggi, soggiorni e altro, ma si presentano sempre come soggetti indipendenti ed il legame con l’azienda farmaceutica non viene spesso percepito dal pubblico. I medici poi useranno il prodotto stimando sia la scelta migliore per i loro pazienti, senza pensare di essere stati manipolati.
Nel 2007 una ricerca pubblicata su JAMA aveva mostrato come il 60% di professori titolari di cattedra in 125 università e 15 grandi ospedali fossero in qualche modo coinvolti in conferenze a pagamento.(22) Di non secondaria importanza, per concludere, il ruolo dei KOL nelle associazioni di pazienti, dove si riesce in qualche modo a bypassare il divieto di pubblicità diretta al pubblico.
CAPITOLO IV
Cosa protegge gli operatori della salute dal comportamento non etico delle aziende farmaceutiche?

Esistono leggi per far sì che la promozione dei farmaci e gli interessi commerciali non scavalchino i limiti e vadano a minare la buona pratica clinica. Vi sono allo scopo tre bracci regolatori:
1. la legislazione UE;
2. le normative dei singoli stati, che la accoglie;
3. i codici di comportamento volontari di aziende farmaceutiche e società scientifiche.
La direttiva UE 2001/83/RC vieta ogni forma di pubblicità diretta al consumatore dei farmaci, attualmente legale soltanto negli USA e in Nuova Zelanda. Questo comprende anche l’induzione alla prescrizione tramite rappresentanti del farmaco, consegna di campioni omaggio, meeting promozionali e sponsorizzazione di congressi scientifici. Tutto ciò naturalmente va ‘interpretato’, per cui viene ammessa l’opera dei rappresentanti del farmaco limitatamente all’informazione sui nuovi prodotti, solo per indicazioni approvate. L’informazione deve essere non ingannevole e accurata, non deve esagerare i benefici e sottacere gli effetti avversi. Il divieto di pubblicità diretta al consumatore può essere in parte aggirato quando si tratta di informare sulla salute e sulle malattie, anche senza menzionare il prodotto. Così si possono sostenere le campagne di vaccinazione, ma sempre seguendo le indicazioni delle autorità preposte. Purtroppo questa flessibilità delle normative spinge in molti casi il consumatore a chiedere maggiori dettagli al proprio medico circa le modalità di trattamento (il famoso ask your doctor).
La direttiva 2001/83EC (commissione UE 2012) specifica che gli omaggi ai medici devono essere di poco prezzo, le ospitalità alberghiere strettamente connesse ai lavori dei congressi. I rappresentanti del farmaco possono visitare singolarmente i medici e fornire loro campioni gratuiti, con limitazioni annuali, dietro richiesta scritta dei medici stessi. Questo fa capire come la normativa UE tenda a sottolineare le situazioni critiche più che bandirle del tutto. Gli stati membri ad esempio devono vigilare su quanto sopra, ma senza un obbligo rigoroso, per cui numerose sono le falle registrate. Ad esempio, nel 2004, l’Istituto per la EBM esaminò gli stampati promozionali relativi a 175 farmaci presentati a 43 medici in Germania: il 94% non erano supportati da evidenze scientifiche, con benefici solo millantati, falsificazione delle modalità di conduzione dei trial, dati numerici non corretti, effetti avversi omessi.(23) Atro esempio la pubblicità di un prodotto Takeda diretto ai soli bambini, cosa proibita dalla UE, in un video recentemente apparso in Lettonia e rimosso solo per intervento di organismi non governativi.(24)
Vi sono al contrario esempi virtuosi come la Francia, che ha accolto per prima lo spirito del Sunshine Act statunitense con la “Loi Bertrand” (2011/12). Non è permesso ricevere benefici superiori a 10€/anno e si impone di rendere pubblici tutti i pagamenti per prestazioni professionali (conferenze, corsi ECM, partecipazioni a congressi). Multe fino a 225mila € alle case farmaceutiche che trasgrediscono, arrivando fino alla sospensione dell’attività commerciale. Questo dovrebbe offrire maggiore trasparenza nei confronti dei pazienti e indurre i medici a ricorrere il meno possibile a situazioni di conflitto.
Per quanto riguarda l’autoregolamentazione, esistono codici di comportamento come quello dell’EFPIA (Federazione UE delle Industrie e Associazioni Farmaceutiche) e altri. Nella realtà questi codici hanno più volte fallito, come nel caso degli antidepressivi in Svezia, tra il 1994 ed il 2003. Erano state diffuse informazioni del tutto inaffidabili, nonostante i codici di autoregolamentazione, in opuscoli poi rimossi dalle autorità statali con molta lentezza, fino a 47 settimane dopo la pubblicazione. Irrisorie le sanzioni, poco più di 100mila € in rapporto ad un fatturato di circa 1.2 milioni €.(25)

Perché l’autoregolamentazione non funziona
La ragione principale è il conflitto di interessi, il controllore ed il controllato coincidono. Si tratta di un comportamento lasciato alla volontà delle singole aziende, non sanzionato dalla legge. Spesso si arriva con (colpevole) ritardo, quando il consumatore è già stato esposto agli effetti nocivi dell’informazione scorretta. Quando anche comminate, le multe appaiono ridicole in confronto ai profitti realizzati e non scoraggino l’iterazione del comportamento.
Un articolo apparso su PlosMed nel 2015 riferisce di un monitoraggio sull’efficacia dell’autoregolamentazione dell’Associazione dell’Industria Farmaceutica Britannica (ABPI) e di un organismo analogo in Svezia negli anni 2004-2012. Viene dimostrata l’esistenza di una differenza sostanziale tra quanto stabilito dall’autoregolamentazione e quanto realmente effettuato per la correzione degli illeciti. Alla fine le multe comminate dalle autorità preposte assommano allo 0.0051% e 0.014% dei profitti rispettivamente in UK e in Svezia.(26)
CAPITOLO V
Il Conflitto di Interessi
L’Associazione Medica Mondiale (WMA, 2013) ha stabilito che il benessere della società e la salvaguardia della ricerca scientifica non devono sottostare agli interessi commerciali. I medici e gli operatori della salute si devono attenere a un comportamento etico che vede il paziente come interesse primario non influenzabile da considerazioni secondarie.
Purtroppo, come ha sottolineato Michael Rawlings, direttore del MHRA (agenzia del farmaco UK), pochi medici ammettono di essere stati corrotti. La maggior parte si crede immune dalla seduzione del mercato, quando invece siamo tutti influenzabili dalla propaganda che riceviamo quotidianamente. Molti pensano di accettare la ‘generosa’ offerta delle case farmaceutiche, soggiorni pagati, pranzi, iscrizione a congressi, senza dare contropartita nella prescrizione. È quasi incredibile che molti onesti professionisti non pensino che le case farmaceutiche non offrono mai nulla per nulla. Un regalo non mi influenza, è il pensiero di molti, ma la letteratura mostra il contrario, soprattutto perché l’influenza può essere inconscia.
Spesso è complice la scarsità di tempo da dedicare alla ricerca di un’informazione affidabile e non distorta che induce il medico a servirsi di quella fornita dalle aziende farmaceutiche, che sfruttano questa opportunità al meglio. In altri casi la persuasione occulta arriva da colleghi autorevoli, pagati dall’industria, che forniscono informazioni apparentemente neutrali.

Il cambiamento inizia da te
Gli studenti e gli operatori sanitari devono individuare le modalità per bypassare l’influenza dell’industria che può impattare negativamente sulle decisioni di cura. Si deve creare una massa critica di persone che rifiutano accordi intrisi di conflitto di interessi. Bisogna chiedersi: come la penserei se quello che sto facendo venisse portato in prima pagina dal quotidiano locale? Cosa direbbe la gente? Quale percezione avrebbe della mia azione?

La ricerca della migliore pratica prescrittiva
Nella prescrizione di un farmaco vanno sempre bilanciati benefici e rischi, è un’arte saper dare il prodotto giusto, più difficile ancora sapere quando astenersi. Vanno ricercate le informazioni migliori, quelle prive di distorsione dovuta a interessi commerciali, provenienti da fonti indipendenti, possibilmente da revisioni sistematiche.
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APPENDICE
Cochrane www.cochrane.org
Drug&Therapeutics bulletin http://dtb.bmj.com
Formindep www.formindep.org
International Society of Drug Bulletins http://www.isdbweb.org/
Healthy Skepticism www.healthyskepticism.org/global
No Gracias www.nogracias.eu
PharmAware www.pharmaware.co.uk
Worst Pills, Best Pills www.worstpills.org
The Medical Letter http://secure.medicalletter.org
Prescrire www.english.prescrire.org
PharmedOut www.pharmedout.org
Rxisk www.rxisk.org
Therapeutics’ Letter www.ti.ubc.ca/TherapeuticsLetter
Traduzione e adattamento a cura del gruppo Nograzie http://www.nograzie.eu/