Cos’è la sostenibilità per i NoGrazie?

1. Che cosa significa per la nostra associazione applicare nel lavoro che portiamo avanti, nell’ambito della salute, la visione forte della sostenibilità, come descritta dalla Carta di Bologna?

 

L’industria della salute (produttori di farmaci, vaccini, strumenti diagnostici e terapeutici, alimenti e qualsiasi altro presidio sanitario) è un settore in continua crescita ed espansione. Come in ogni settore produttivo, l’obiettivo primario è l’incremento delle vendite e del conseguente profitto, al di là degli obiettivi dichiarati (Merck: migliorare e salvare vite nel mondo; Pfizer: allungare e migliorare significativamente la vita; Astra Zeneca: sviluppare medicine che cambiano la vita delle persone, etc).

 

Ma per noi cittadini spendere di più significa incrementare la salute? Al di sotto di una certa spesa sanitaria per abitante all’anno, esiste una correlazione lineare fra questa e l’attesa di vita. Ma sopra un certo limite, la curva si appiattisce e spendendo di più non si hanno ulteriori benefici. Gli USA, per esempio, hanno di gran lunga la più alta spesa sanitaria al mondo, ma i loro cittadini non godono di migliore salute rispetto a quelli dei paesi che spendono la metà; anzi, quasi tutti gli indicatori di salute degli USA stanno al di sotto di quelli della media dei paesi industrializzati.

 

Inoltre, è difficile che questa correlazione positiva si possa mantenere nei prossimi decenni, stante il fatto che i farmaci, soprattutto quelli oncologici e di origine biotecnologica, hanno costi a crescita esponenziale a fronte di un guadagno a volte di pochi mesi di “vita” (sulla qualità di quest’ultima ci sarebbe molto da dire). Non sappiamo se l’acquisto di questi farmaci possa far “saltare il banco” del welfare sanitario e annullare il beneficio del “tutto a tutti” fino ad ora ragionevolmente mantenuto dai sistemi sanitari dei paesi occidentali.

 

Queste riflessioni non affrontano il problema dei paesi in via di sviluppo, nei quali la spesa sanitaria pro capite è decisamente più bassa (anche se l’attesa di vita non lo è necessariamente), la situazione sanitaria peggiore e molti dei farmaci da noi comunemente in uso non possono essere garantiti se non dietro pagamento diretto.

 

Da quanto scritto sopra, ci sembra evidente che i sistemi di salute che danno la priorità al mercato siano difficilmente sostenibili, oltre che ingiusti, viste le disparità tra e nei paesi. Un sistema di salute sostenibile non può che reggere su altri valori: priorità alla prevenzione primaria, attenzione ai determinanti sociali, economici e ambientali, cure essenziali per tutti, appropriatezza. E deve essere in grado di regolare il mercato. In questo senso, è molto probabile, se non certo, che si debba pensare a qualche forma di decrescita, privilegiando la qualità rispetto alla quantità, e facendo meglio con meno.

 

2. Che cosa, nell’ambito di competenza della nostra associazione, facciamo e/o potremmo fare per implementare la visione forte della sostenibilità nell’ottica delineata dalla carta di Bologna.

 

Prima riflessione: non accettare come innovativo ogni nuovo farmaco, strumento diagnostico, alimento o altro presidio sanitario immesso in commercio; cercare invece di valutare il rapporto costo/efficacia, dove nei costi si dovrebbero includere anche gli effetti avversi, cioè i danni alla salute e all’ambiente, oltre agli effetti su eguaglianza e determinanti sociali. Questo atteggiamento permetterebbe di migliorare l’allocazione di risorse puntando su presidi sanitari veramente essenziali, in linea con l’impegno della rivista Préscrire, ad esempio.

 

Seconda riflessione: una parte dell’incremento della spesa sanitaria è del tutto ingiustificato perché correlato alla corruzione, che si prende una grossa fetta di danaro sottratta al miglioramento della salute e della qualità di vita di tutti. Calcolando una spesa globale per la salute di 7mila miliardi di $ l’anno, si stima che il 10-25% si perda nei rivoli della corruzione. Per gli USA vuol dire da 82 a 272 miliardi di $ persi nel 2011. Nel 2014, su 175 paesi monitorati l’Italia è risultata essere al 69° posto come grado di corruzione, con un punteggio di 43/100 (dove 100 sta per assenza di corruzione). Le risorse assorbite da corruzione e frodi si stimano essere attorno al 5,6% del bilancio della sanità. Considerando la spesa sanitaria italiana di circa 110 miliardi di euro l’anno, è tra i 5 e i 6 miliardi di euro, il costo della corruzione in salute. Dove va questa enorme somma di denaro?

 

La corruzione prospera sul terreno del conflitto di interessi, che è uno degli argomenti principali di attenzione dei NoGrazie. Conflitti di interesse che si manifestano in manipolazione dei trial clinici, in occultamento di dati, in distorsione dell’informazione su farmaci e altri presidi sanitari, in eccesso di diagnosi e trattamento. Un secondo ambito d’azione può tradursi dunque nell’evidenziare il conflitto di interessi attraverso il quale la spesa sanitaria viene gonfiata senza un corrispondente beneficio in termini di salute. Anche questa attività porta in direzione di un qualche tipo di decrescita, favorendo la sostenibilità.

 

Rimanendo sul conflitto di interessi, la nostra azione può cercare di evidenziare e diffondere dati su interazioni fra industria della salute e operatori e servizi sanitari in iniziative promozionali mascherate da educative, ma volte in ultima analisi ad una espansione di consumi. Anche questo è un ambito in cui i NoGrazie possono impegnarsi per una salute più sostenibile.

 

3. Cosa vorremmo per il futuro della rete? Breve descrizione di alcune proposte pratiche.

 

Per quanto riguarda i rapporti con la Rete Sostenibilità e Salute, sarà importante condividere obiettivi e fare in modo che ogni nodo della rete agisca nella stessa direzione per raggiungerli, anche se ovviamente con attività diverse. Ogni associazione dovrebbe avere una visione globale dei progetti e delle attività delle altre associazioni. A volte sarà possibile coniugare assieme alcune attività, altre volte si potrà arrivare a collaborare; in generale, sarebbe auspicabile avere una strategia comune sui punti di maggiore convergenza dei singoli obiettivi.