Altre prove che la protezione vaccinale dall’infezione da SARS-CoV-2 si negativizza nel tempo (e quella da COVID grave si riduce…)

In premessa al mio articolo nella Lettera 103 chiedevo a una collega, che aveva destinato ingiurie a mie argomentazioni, di esprimere critiche scientifiche di merito: se per me convincenti, le avrei accolte pubblicamente, altrimenti avrei risposto nel merito. In carenza di argomenti, chiedevo una ritrattazione, e ho atteso. Purtroppo chi si occupa della pagina FB dei NoGrazie mi ha comunicato: “Mi spiace, ma sulla pagina FB dei NoGrazie il commento di Claudia Paoli è sparito. Non è stato possibile accedere alla sua pagina FB perché ha bloccato l’accesso”. Spiace anche a me che la collega non abbia accettato un confronto, né ritirato gli insulti. Per il futuro, ribadisco di essere interessato a discussioni costruttive, ma che sarò tempestivo nel reagire a ingiurie o diffamazioni.

Ciò riconferma il paradosso dell’obbligo vaccinale verso i sanitari, motivato da una presunta tutela dei loro assistiti. I dati reali mostrano invece che a distanza di mesi dall’ultima dose i vaccinati con almeno 3 dosi sono fonti potenziali di infezione molto maggiore dei non vaccinati, con rischi maggiori proprio per i più fragili, che le leggi sull’obbligo si propongono di proteggere.

Le nuove acquisizioni scientifiche dovrebbero portare al superamento di obblighi ormai del tutto privi di supporto di prove e di senso, e penso che i NoGrazie dovrebbero partecipare di più a questo dibattito strategico e sostenerne le implicazioni.

Si ribadisce che, in ambienti considerati ad alto rischio di trasmissione, tamponi antigenici ripetuti ogni 5-7 giorni darebbero ragionevoli garanzie di bassa contagiosità, [2-4] comunque ben superiori a quelle fornite, allo stato delle conoscenze, da queste rivaccinazioni ogni 6-12 mesi, ammesso e non concesso che siano accettabili e sostenibili.

Riprendo ora il tema dell’evanescente protezione vaccinale nell’era di Omicron, poiché quanto sostenuto nelle ultime Lettere sull’efficacia che svanisce rapidamente sino alla negatività delle vaccinazioni nei bambini di 5-11 anni parrebbe ridimensionato da un recentissimo studio italiano dell’ISS, pubblicato su Lancet.[5] Si tratta di un’analisi retrospettiva nazionale su dati individuali di tutti i bambini italiani (con aggiustamento per fattori individuali e di contesto), di gran lunga lo studio più vasto e l’unico pubblicato fuori dagli USA, nell’era di Omicron, con monitoraggio dal 17 gennaio al 13 aprile 2022.

Le conclusioni non sono trionfalistiche, ammettendo che nei 5-11enni la vaccinazione ha un’efficacia pratica (VE) inferiore rispetto a individui ≥12 anni e che la protezione verso l’infezione decresce dopo il completamento del ciclo primario. Per la precisione, la VE dichiarata verso l’infezione ha un picco (!) del 38,7% tra 0 e 14 giorni dal completamento, per scendere al 21,2% “tra 43 e 84 giorni”. La protezione dichiarata verso la COVID grave è del 41,1%.

Purtroppo questi per altro miseri risultati sovrastimano e distorcono gravemente quelli reali.

Anticipo qui una critica che invierò con lettera a Lancet.

Non mi riferisco ai fragili motivi proposti dall’ISS per vaccinare i bambini “nel loro interesse, by preventing severe and persistent COVID-19”.[5] Fragili perché Omicron dà solo eccezionalmente forme gravi nei bambini: anche la MIS-C è 13-14 volte meno frequente rispetto ai già rari casi associati con Delta e Alfa,[6] con 3,8 casi per 100.000 persone, e meno gravi (ricoveri relativamente brevi, con poca se non nulla necessità di vasopressori e di ventilazione meccanica, almeno in Israele). [6] E perché il Long-Covid infantile in paesi ad alto reddito è sostanzialmente una montatura.[es. 7] Anche quanto l’ISS dichiara sul fatto che “Very few patients were admitted to an ICU … all … unvaccinated”[5] non è più vero, dato che nei Bollettini ISS delle ultime tre settimane i bambini 5-11 anni vaccinati sono finiti in terapia intensiva due volte più dei non vaccinati (benché, con numeri così piccoli, potrebbe trattarsi di un caso).

Mi riferisco invece al presunto “benefit to the general population by reducing SARS-CoV-2 onward transmission to other age groups”.[5]   

Esaminiamo infatti i dati settimanali, pubblicati da mesi proprio nei Report estesi ISS,[8] che riporto negli incontri di InfoVax Evidence Based e strategie antiCOVID-19,[9] consultabili anche dai Comunicati Stampa GIMBE, di cui ho stralciato alcune mie slide in precedenti Lettere. Elaborazioni comparative dei dati mostrano che, dalla settimana del 23 marzo, le infezioni nei bambini italiani vaccinati con due dosi hanno superato costantemente in percentuale quelle dei non vaccinati, fino al Bollettino del 22 giugno compreso.

Le differenze con i risultati della pubblicazione ISS,[5] che rendono fuorviante il messaggio veicolato, ritengo si spieghino così:

  1. quanto riporto da mesi si basa sui dati (ISS, AGENAS, Comunicati GIMBE con relativi istogrammi) che partono dal Bollettino ISS del 16 marzo, e mostravano già la negativizzazione della VE sull’infezione dalla settimana successiva, del 23 marzo. L’efficacia negativa nei bivaccinati è proseguita fino al Bollettino del 22 giugno, pur attenuandosi per i motivi discussi al punto 3. Invece l’ISS su Lancet[5] parte con il follow-up dal 17 gennaio, con i primi bambini vaccinati con 2 dosi (dati non resi pubblici sulle fonti che consulto), monitorati nel periodo di “luna di miele” con il vaccino, delle prime settimane/mesi, e interrompe il follow-up il 13 aprile, cioè poco dopo l’inizio della negativizzazione (Bollettini del 23 marzo, 30 marzo, 6 aprile…)
  2. Comunque l’ISS non dichiara tale inizio di negativizzazione, e mantiene la pratica abituale di presentare “medie pesate di periodo”, anziché gli andamenti settimanali (coerenti e progressivi), che avrebbero reso l’andamento più chiaro. Si veda infatti la retta in lieve discesa con cui l’ISS unisce nella Fig. 3 [5] i giorni dal 43 all’84 (perché non dettagliare periodi quattordicinali, come aveva fatto fino a quel momento?!), che oggettivamente mascherano il fatto che nei giorni dal 23 marzo alla fine del follow-up pubblicato i suoi stessi dati mostravano già efficacia negativa dei vaccini nei bambini.

Insieme al professore di fisica e matematica Gianni Malatesta, però, pensiamo alla spiegazione più probabile: i bivaccinati da più di 4 mesi… si sono semplicemente fatti la Omicron, ricavandone una protezione notoriamente più robusta e duratura di quella di una 3a dose di vaccino.

Domanda: come mai questa infezione non verrebbe registrata? Penso per almeno tre motivi:

  1. Moltissime Omicron sono asintomatiche, e il residuo di protezione anticorpale da ciclo vaccinale di base può rendere ancor più probabile per questi bambini il fatto di contrarla in forma asintomatica
  2. Per i motivi di cui al punto 1), anche chi sviluppa sintomi ne sviluppa in genere pochi, e le famiglie – convinte di aver protetto i bambini con le due dosi – non pensano alla COVID-19, ma a qualche altra banale malattia respiratoria

Alcuni bambini, con sintomi magari più marcati, fanno venire dubbi. Il mio sospetto è che in questi casi le famiglie possano effettuare qualche tampone casalingo, che potrebbe risultare positivo. Ma a quel punto non avrebbero incentivi a dichiarare la positività, affrontando quarantene, rinvio di vacanze programmate, ecc., e potrebbero pensare: “ho fatto tutto il possibile, le due vaccinazioni richieste! A questo punto il bambino anche se l’ha presa non sarà contagioso, o lo sarà molto meno…”. Dunque, se ne stanno zitti!
Invece, in molte famiglie di bambini non vaccinati (chi non li ha vaccinati finora è perché non vuole), può prevalere l’incentivo opposto. Queste famiglie hanno infatti più convenienze a dichiarare l’infezione, perché così almeno si guadagnano un po’ di mesi senza lo stress di dover difendere i figli dalle “spinte gentili” a farli vaccinare elargite dal sistema sanitario, sociale e dalle istituzioni.

A cura di Alberto Donzelli

1. COVID-19 vaccine surveillance report – week 13 (publishing.service.gov.uk) Oppure: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1066759/Vaccine-surveillance-report-week-13.pdf

2. Comparison of SARS-CoV-2 Reverse Transcriptase Polymerase Chain Reaction and BinaxNOW Rapid Antigen Tests at a Community Site During an Omicron Surge: A Cross-Sectional Study: Annals of Internal Medicine: Vol 175, No 5 (acpjournals.org)

3. Longitudinal Assessment of Diagnostic Test Performance Over the Course of Acute SARS-CoV-2 Infection | The Journal of Infectious Diseases | Oxford Academic (oup.com)

4. Cosentino M. Vaccini e tamponi: chi rischia cosa? In F. Di Blasi (ed.), Pandemia: invito al confronto (Phronesis Editore: Palermo 2022).

5. Sacco C, Del Manso M, Mateo-Urdiales A, et al. Effectiveness of BNT162b2 vaccine against SARS-CoV-2 infection and severe COVID-19 in children aged 5–11 years in Italy: a retrospective analysis of January–April, 2022. Lancet 2022; published online June 30. https://doi.org/S0140-6736(22)01185-0.

6. Severity and Incidence of Multisystem Inflammatory Syndrome in Children During 3 SARS-CoV-2 Pandemic Waves in Israel – PubMed (nih.gov)

7. Long COVID symptoms in SARS-CoV-2-positive children aged 0–14 years and matched controls in Denmark (LongCOVIDKidsDK): a national, cross-sectional study – PMC (nih.gov)

8. Epidemia COVID-19, 18 maggio 2022 (iss.it) (v. Tab. 4A, con vaccinati con 2 dosi che hanno raggiunto il 35% di infezioni in più rispetto ai non vaccinati)

9. Gruppo Studi Info-Vax EB | CMSi (cmsindipendente.it)

10. Epidemia COVID-19, 28 giugno 2022 (iss.it)

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