Quando medici e pazienti fanno gli interessi dell’industria

Il pezzo con questo titolo scritto da Giovanni Peronato per la lettera dei NoGrazie n. 45 (febbraio 2017) ha stimolato delle obiezioni da parte di ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici). Le obiezioni sono contenute in un comunicato datato 7 febbraio 2017, che riproduciamo qui sotto. Al comunicato di ANMAR segue la risposta di Giovanni Peronato e un articolo su un tema affine pubblicato su Ricerca e Pratica (2017;33:23-4) e firmato da Giuseppe Traversa (ringraziamo Ricerca e Pratica per l’autorizzazione a riprodurre l’articolo di Traversa).

 

 

La serie si conclude con il testo di una mail inviata al nostro postino, Daniele Agostini, che aveva inviato ad ANMAR la risposta di Giovanni Peronato.

ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici, in riferimento a quanto apparso in data 1 febbraio 2017 sul blog “No grazie” (https://www.facebook.com/NoGrazie) dal titolo “Quando medici e pazienti fanno gli interessi dell’industria” precisa quanto segue:

  1. L’obiettivo di un sistema Sanitario universalistico è curare il paziente, non spendere meno.
  2. Nell’era dell’innovazione, della medicina personalizzata e della “target therapy” come nuove frontiera delle cure in contrapposizione al sistema del “farmaco unico che va bene per tutti”, non ha senso parlare di equivalenza terapeutica.
  3. I biosimilari sono definiti non già come “clinicamente equivalenti”, bensì “simili al farmaco originatore” (vedi “Cosa c’è da sapere riguardo ai Medicinali biosimilari: informazioni per i pazienti” scritto e diffuso dalla Commissione Europea Salute Pubblica e Sicurezza Alimentare a fine gennaio 2017) e sono registrati in seguito a presentazione di esercizi di comparabilità (non inferiorità) nei confronti del farmaco originatore o “biologico di riferimento”.
  4. In nessun luogo ufficiale si parla di equivalenza clinica, ma, se mai, di bioequivalenza.
  5. Nessuna ASL ha mai pianificato, nè mai potrà farlo, di trattare un certo numero chiuso di pazienti perché sarebbe contrario alla Costituzione Italiana: il paziente che ne abbia bisogno ha il diritto di accedere al miglior trattamento possibile, in qualsiasi momento ed indipendentemente da quanti altri siano stati trattati prima di lui.
  6. L’eventuale risparmio sulla spesa farmaceutica non viene automaticamente ridistribuito alla stessa branca di trattamento, ma va a colmare gli eventuali sforamenti globali della spesa farmaceutica (anche quelli indotti da uso inappropriato di farmaci per altre patologie).
  7. Per quanto riguarda l’equivalenza terapeutica e la conseguente sostituibilità automatica, è già quanto meno azzardato sostenere – cosa che peraltro ANMAR ha accettato con non poca difficoltà – che se è stata provata un’efficacia simile in una indicazione, la stessa debba essere riconosciuta per le altre indicazioni dell’originatore, senza che il biosimilare abbia presentato studi specifici. E’ come sostenere che Artrite Reumatoide e Spondilite Anchilosante siano la stessa malattia!

EMA ha precisato che le raccomandazioni dalla stessa EMA sull’immissione in commercio dei medicinali non comprendono l’opportunità o meno di utilizzare un medicinale biosimilare in maniera inter-cambiabile e che la decisione circa la scelta prescrittiva del medicinale specifico da impiegare, di riferimento piuttosto che biosimilare, debba essere affidata a personale sanitario qualificato (Ref. EMEA/74562/2006 Rev. 1; EMA/837805/2011).

AIFA dal suo canto, distingue una sostituibilità primaria, che si riferisce alla pratica medica di iniziare un nuovo trattamento con un prodotto biosimilare (o con un equivalente) piuttosto che con il prodotto originatore di riferimento, da una sostituibilità secondaria, che si riferisce, invece, alla pratica medica e/o del farmacista di modificare la terapia di un paziente già in trattamento con un farmaco biologico con il suo biosimilare. In Italia la posizione dell’AIFA, chiarisce che i medicinali biologici e biosimilari non possono essere considerati sic et simpliciter alla stregua dei prodotti equivalenti, escludendone quindi la vicendevole sostituibilità terapeutica automatica. Proprio perché i medicinali biologici di riferimento ed i biosimilari sono medicinali simili, ma non identici, l’AIFA ha deciso di non includere i medicinali biosimilari nelle liste di trasparenza che consentono la sostituibilità automatica tra prodotti equivalenti. Di conseguenza, la scelta di trattamento con un farmaco biologico di riferimento o con un biosimilare rimane una decisione clinica affidata al medico specialista prescrittore. (AIFA, Position Paper I Biosimilari. Versione definitiva 13/8/2013)

Federfarma il 22/12/16 ha accolto con favore la modificazione della delibera AIFA: «Condividiamo la scelta dell’Aifa di revocare la determina sull’equivalenza terapeutica che avrebbe consentito alle Regioni gare di acquisto tra farmaci basati su molecole differenti e accogliamo con favore la decisione di avviare un confronto sul tema nell’ambito del Tavolo sulla farmaceutica» afferma il presidente di Federfarma, Annarosa Racca «sicuramente è necessario un approfondimento, anche alla luce delle novità introdotte dalla legge di Bilancio in materia di governance» continua Racca «d’altronde gli ultimi dati sulla spesa Ssn confermano una volta di più che il governo del farmaco si assicura con un oculato riequilibrio dei tre canali distributivi: farmacie del territorio, Asl e ospedali». Con il ritiro del provvedimento, conclude la presidente di Federfarma, «viene anche salvaguardata la continuità delle cure per i malati cronici, che avrebbero rischiato di vedersi cambiare il farmaco in base agli esiti delle diverse gare regionali». (www.federfarma.it)

Inoltre gli stessi ricercatori hanno recentemente pubblicato (Kay J, Isaacs JD. Ann.Rheum. Dis January 2017 Vol76 No1) un articolo in cui si sollecita la necessità di uniformare gli studi dei disegni di comparabilità tra biosimilari e biologici di riferimento per evitare che la non inferiorità sia misurata con tempistiche e modalità diverse da quelle impiegate per gli studi registrativi e post marketing del farmaco biologico di riferimento, o con diverse metanalisi.

  1. La questione delle gare non compete certamente alle Associazioni di pazienti, ma è importante che non si assimilino i cavoli bianchi con i cavoli neri e le verze: sono tutti cavoli, ma ben diversi gli uni dagli altri! Ed il rischio che si corre (o meglio che si è corso) per i malati reumatici è stato quello di ritrovarsi a disposizione un solo farmaco – da somministrare per via endovenosa – senza avere le strutture neces-sarie per eseguire la somministrazione stessa e senza tener conto che la maggior parte dei trattamenti avviene per via sottocutanea e che un recettore può funzionare dove un anticorpo fallisce.
  2. Esistono anche altre vie di contenimento della spesa per il trattamento della cronicità, alternative all’uso di farmaci biosimilari, come la condivisione delle scelte (che determina sicuramente una migliore aderenza e persistenza) ed il “dose tapering” (cioè la riduzione del dosaggio del farmaco originatore in relazione allo stato di attività di malattia della singola persona malata) ed ulteriori altre sono in studio.
  3. Dispiace moltissimo che chi ha scritto la nota abbia una così scarsa considerazione dei dirigenti delle Associazioni pazienti, peraltro probabilmente senza neppure conoscerli né aver mai preso parte ad un incontro o ad un’iniziativa organizzata dalle associazioni stesse: pur se considerati alla stregua di imbelli ed inutili burattini manovrati da Big Pharma (ma chi ha scritto non sa che esistono anche le pressioni – e non di poco conto – delle Aziende produttrici di biosimilari, molto spesso facenti parte dello stesso gruppo cui appartengono le grandi Case?), i dirigenti delle Associazioni e di ANMAR in particolare, pur lavorando come volontari, sono persone con un’ottima preparazione di base – anche in campo medico, farmacologico e farmacoeconomico – che spendono il loro tempo libero in corsi di aggiornamento (ad esempio di HTA), presentano abstract ai congressi nazionali ed internazionali e siedono anche in gruppi di lavoro in commissioni nazionali ed europee. Si tratta pertanto di donne e uomini assolutamente in grado di distinguere quali siano le iniziative volte a favore delle persone rappresentate e quelle che, di contro, se ne servono per raggiungere altri scopi. E perseguire solo le prime!
  4. ANMAR è una Onlus e nel suo statuto non prevede alcuna attività lucrativa: pertanto ogni finalità commerciale diretta o indiretta è preclusa, anche alle associazioni regionali – tutte Onlus autonome e con statuto proprio, ma conforme alle direttive ANMAR – pena la perdita del riconoscimento di Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale.
  5. E’ assolutamente vero: la gran parte delle iniziative e delle attività delle associazioni pazienti sono possibili grazie al contributo delle Aziende farmaceutiche, le uniche a riconoscerne il ruolo e l’impor-tanza non solo a parole, come solitamente fatto a livello istituzionale, dove il volontariato è rico-nosciuto come “indispensabile”, “una delle principali fonti di salute del nostro sistema”, “realtà qua-lificante” e tante altre belle espressioni, ma non viene in alcun modo supportato dal punto di vista economico. Purtroppo le quote di iscrizione devono essere basse, se no le persone – già costrette a subire un continuo aumento della spesa sanitaria out of pocket – non si iscrivono e le fondazioni non considerano nemmeno quelle realtà associative che non abbiano riconoscimento della personalità giu-ridica (pratica che richiede la disponibilità di un fondo di garanzia variabile a seconda delle realtà re-gionali o talora provinciali, compreso tra i 20 mila ed i 50 mila Euro)
  6. La realtà americana, così ben analizzata e demonizzata negli studi citati pubblicati su Jama (a proposito, anche ANMAR ha accesso a tali pubblicazioni, benché si faccia di tutto per riservarle a determinate classi di addetti ai lavori) non ha nulla a che vedere con quella europea né tanto meno italiana e quindi ne risulta difficile un esercizio di comparabilità e la trasponibilità delle conclusioni.

Per far infine chiarezza sul discorso biosimilari ANMAR ribadisce la propria posizione:

SI se utilizzati:

  • secondo le linee tracciate nei Position Paper che le Associazioni hanno redatto e sottoscritto con le Società Scientifiche italiane di riferimento (SIR/CReI per le malattie reumatiche e l’APs)
  • con adeguata, completa e comprensibile comunicazione sulla differenza tra i due farmaci
  • sui naïve (pazienti non sottoposti in precedenza a terapia biologica o con precedente terapia sospesa da un periodo di tempo superiore al doppio di quello di wash-out previsto per ogni singolo principio attivo)
  • su tutti i pazienti che a giudizio del medico e di comune accordo con il paziente identifichino lo shift come valida alternativa terapeutica.
  • garantendo la continuità per quei pazienti che siano stati arruolati in biologico in regioni diverse da quelle di residenza, una volta rientrati al proprio domicilio
  • con tracciatura completa e trasparente del biosimilare, accessibile anche al paziente o ai suoi famigliari/care givers autorizzati
  • rendendo più semplice la farmacovigilanza e la segnalazione di eventi avversi anche da parte del paziente/famigliare (è già attiva, ma nessuno sa cosa e come fare)
  • con la garanzia che una gran parte del denaro risparmiato verrà reinvestito nel trattamento delle patologie interessate (malattie reumatiche, nel nostro caso) per l’incremento del numero di pazienti trattati con terapie biologiche, il miglioramento delle dotazioni strumentali e di personale per una diagnosi precoce e per l’adozione immediata e non contingentata di opzioni terapeutiche innovative.

NO se:

  • senza una adeguata e comprensibile informazione
  • proposti solo per motivi economici
  • imposti per motivi economici
  • su shift da biosimilare a biosimilare (non esistono dati)
  • con sostituibilità automatica dell’originator o addirittura del biosimilare proposto

Gentile Direttore,

mi ha stupito una presa di posizione così lunga e articolata per controbattere ad una argomentazione molto semplice. Ho anche constatato come in questa occasione vi sia stata una sintonia fra alcune associazioni di pazienti e l’industria del farmaco sul problema dei biosimilari. Quando AIFA ha fatto marcia indietro sull’equivalenza terapeutica tra farmaci biosimilari, senza tener conto dell’opinione del Comitato Tecnico Scientifico il primo soggetto a plaudire è stato Federfarma, con le stesse argomentazioni che ora sono in bocca ad ANMAR. L’effetto finale sarà ora quello di rendere più difficili le gare fra farmaci clinicamente sovrapponibili all’interno delle stesse indicazioni terapeutiche, con un prevedibile aumento della spesa farmaceutica. (1)

Sono d’accordo con Lei che l’obiettivo del Sistema sanitario universalistico è quello di curare il paziente e non di spendere meno, ma deve ammettere che la spesa fa parte della sostenibilità del Sistema Sanitario stesso, e che questo può saltare se non si tiene conto delle compatibilità economiche. Il vincolo dell’equilibrio economico esiste eccome e va di pari passo con quello di produrre salute. I nuovi farmaci biologici, penso soprattutto al campo oncologico, hanno costi che non ci possiamo più permettere, non è più possibile sostenere il tutto a tutti.

Il report della Commissione Europea da Lei citato è su questa linea : “… la disponibilità di medicinali biosimilari potrebbe migliorare l’accesso ai medicinali biologici per un maggior numero di pazienti e contribuire alla sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari.” Il budget delle ASL non è infinito e la programmazione di spesa fa parte di ogni buon governo. Accedere al miglior trattamento possibile non vuol dire necessariamente usare sempre e soltanto il biologico originatore. E in molti casi non vuole nemmeno dire usare un farmaco biotecnologico. Potere allocare meglio le risorse è diverso da risparmiare e se non si cerca di lavorare in tal senso saranno cavoli amari ( per citare una sua colorita immagine).

Esistono poi altre vie di contenimento della spesa, delle quali non mi sembra si sia mai parlato nella rivista da Lei diretta. Ad esempio quella di considerare meglio i DMARDs come opzione alternativa ai biologici. A questo proposito si vedano le ottime schede 129-130 e soprattutto 133 del dr Alberto Donzelli su Pillole di buona pratica clinica (http://fondazioneallinearesanitaesalute.org/2016/05/n-129-130-2016/).

Infine vorrei soffermarmi sull’aspetto che più ho a cuore, cioè l’ANMAR. Lungi da me voler denigrare l’Associazione con la quale ho collaborato attivamente per molti anni. Se andrà a rileggere il numero di Dicembre 2013 di SINERGIA vedrà che il primo articolo sui farmaci bioequivalenti l’ho scritto proprio io. Ho lasciato l’Associazione per la scarsa trasparenza nelle nomine dei dirigenti della sezione di Vicenza e per i contrasti sull’eccessiva vicinanza con l’industria farmaceutica. La letteratura è oramai concorde sul problema dei finanziamenti da parte dell’industria, avere un numero elevato di sponsor può facilmente portare ad un conflitto di interessi anche inconsapevole. La giustificazione dei finanziamenti ‘incondizionati’ non regge, le aziende farmaceutiche non sono dame della S. Vincenzo e se investono in un settore hanno certamente il loro tornaconto che non mi sembra coincida sempre con l’interesse dei pazienti. Voglia quindi accettare questa mia risposta non già come una scarsa considerazione di ANMAR, ma come una critica costruttiva, almeno questa era la mia sincera intenzione.

Un cordiale saluto,

Giovanni Peronato

(1) Commissioni tecniche e credibilità delle istituzioni. R&P 2017; 33: 23-24

Commissioni tecniche e credibilità delle istituzioni

A dicembre 2016, dopo nove mesi di tergiversazioni, e stata definitivamente ritirata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)1 la determina relativa alla linea guida predisposta dalla Commissione tecnico-scientifica (CTS) che indicava i criteri per la valutazione dell’equivalenza terapeutica tra farmaci con principi attivi diversi.2 Si e trattato di una decisione assunta dalla direzione dell’AIFA senza tenere conto dell’opinione della CTS. L’effetto immediato sarà di rendere più difficili le gare fra farmaci clinicamente sovrapponibili all’interno delle stesse indicazioni terapeutiche, con un prevedibile aumento della spesa farmaceutica. Ma l’effetto forse più rilevante riguarda il giudizio di indipendenza di un’agenzia regolatoria. Ricostruiamo brevemente la storia del documento.

Nel 2012, con l’obiettivo di superare difformità regionali nella definizione delle categorie terapeuticamente omogenee che erano alla base delle gare regionali, e stata introdotta una norma che prevedeva che “nell’adottare eventuali decisioni basate sull’equivalenza terapeutica fra medicinali contenenti differenti principi attivi, le Regioni si attengono alle motivate e documentate valutazioni espresse dall’AIFA” (DL 95/2012, art. 15, comma 11 ter)3. La decisione di accentrare la valutazione era ragionevole. Meno ragionevole e il fatto che ci siano voluti quasi 4 anni per definire i criteri, anche se questo ritardo non e da imputare all’attuale CTS, che ha predisposto la linea guida in poco più di 6 mesi dal suo insediamento.

Il documento CTS poneva numerose limitazioni alla possibilità di identificare come terapeuticamente omogenei farmaci diversi. Inoltre, si limitava ai farmaci di uso ospedaliero, senza alcun rischio, quindi, che un’eventuale gara riducesse la disponibilità per il medico di medicina generale. Individuava pero un principio: oltre ai farmaci generici e ai biosimilari, che per definizione sono terapeuticamente equivalenti rispetto al prodotto originatore, ci possono essere farmaci che hanno una struttura lievemente differente ma che producono lo stesso risultato, che sono quindi da considerarsi intercambiabili nella pratica clinica. Si pensi a una eritropoietina utilizzata nel trattamento dell’anemia dei pazienti con insufficienza renale, o a un fattore di crescita impiegato per correggere una neutropenia dopo una terapia con antitumorali, o a un ormone della crescita prescritto a bambini nei deficit di statura da carenza ormonale. Tenuto conto della solidità delle evidenze scientifiche disponibili a livello internazionale, i principi attivi di ciascuna categoria sono utilizzati in maniera intercambiabile nella pratica clinica quotidiana, spesso anche nello stesso paziente in momenti diversi.

Poco dopo l’uscita del documento CTS, di fronte a critiche in larga misura prevedibili, l’AIFA ha fatto marcia indietro. É noto che Farmindustria abbia fortemente criticato il documento CTS, anche se non e disponibile alcun materiale pubblico che consenta di capire quali sono le motivazioni a sostegno della critica. É comprensibile che Farmindustria abbia preferito tenere un profilo “basso”. Tuttavia, quando si interferisce con decisioni che hanno un impatto pubblico, dovrebbe essere richiesto di rendere pubbliche le ragioni alla base delle posizioni assunte.

Ciò che desta più di una perplessità, in questa vicenda, oltre al prevedibile comportamento di Farmindustria, e la posizione dell’AIFA. Si può ovviamente criticare un documento tecnico, come pure l’operato di un organismo di esperti come la CTS. É anche legittimo che la Direzione dell’AIFA cambi posizione e decida di non sostenere più la posizione condivisa in precedenza all’interno della CTS (il Direttore generale dell’AIFA e infatti componente della CTS e, in quanto tale, il precedente Direttore Luca Pani aveva condiviso il documento CTS sull’equivalenza terapeutica). Ma le due ragioni contenute nella determina che ha portato al ritiro della linea guida CTS sono le seguenti:

1) “…l’opportunità di procedere, nell’ottica della definizione di un nuovo modello di governance della spesa farmaceutica, ad un confronto anche su ulteriori aspetti della determina nell’ambito del Tavolo sulla farmaceutica, presso il Ministero dello Sviluppo Economico cui partecipano il Ministero della Salute e l’AIFA, nonché le Regioni, le imprese farmaceutiche e le associazioni di categoria del settore”; e

2) definire una nuova linea guida che sia “…conforme, mediante la definizione di criteri quanto più possibili oggettivi, anche in relazione a quanto disposto dal nuovo comma 11 quater del richiamato art. 15, come introdotto dall’articolo 1, comma 407 della legge di bilancio 20171.

La prima motivazione non spiega quale sia l’utilità di ritirare un documento tecnico in attesa di un “confronto” che ci si può attendere molto poco tecnico. La seconda motivazione fa riferimento al fatto che la legge di bilancio 2017 ha introdotto restrizioni nella possibilità di attivare gare in categorie terapeutiche che contengono biosimilari. Anche se le decisioni possono essere riviste criticamente4, il Parlamento e sovrano quando assume una decisione che ha un impatto di spesa come quella di rendere più complicate le gare per alcuni gruppi di farmaci. Ma ovviamente, il Parlamento non ha alcuna autorità per stabilire se gruppi di farmaci con la stessa indicazione terapeutica sono o meno clinicamente equivalenti. Si tratta di una sfera tecnicoscientifica che viene appunto delegata alle istituzioni tecniche indipendenti.

L’AIFA e una di queste istituzioni. Come avviene in tutto il mondo, la presenza di comitati di esperti esterni e indispensabile per individuare le opzioni migliori nell’interesse dei cittadini e per evitare che le decisioni appaiano orientate da ingerenze estranee. Avere esautorato senza motivazioni adeguate la CTS dell’AIFA e stato un errore, per le conseguenze immediate sulla spesa e per la credibilità di una istituzione. Istituzioni come l’AIFA vanno difese da ingerenze esterne. Ma vanno anche difese da decisioni interne non motivate che minano la credibilità di indipendenza nei confronti dei cittadini.

Giuseppe Traversa, Centro nazionale di epidemiologia, Istituto Superiore di Sanità

giuseppe.traversa@iss.it

Le opinioni espresse dall’autore sono personali e non riflettono necessariamente quelle dell’istituzione di appartenenza.

LINKOGRAFIA

  1. www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/revoca_determinazione_aifa-DG_458.pdf
  2. www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Determina_458-2016.pdf
  3. www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2012/07/06/012G0117/sg
  4. www.osservatorioantitrust.eu/it/parere-agcm-bilancio-diprevisione-dello-stato-per-lanno-finanziario-2017-e-bilancio-pluriennale-per-il-triennio-2017-2019-in-materi a-diacquisto-di-farmaci-biotech-e-loro-versioni-biosimilari/

Gentile Daniele AGOSTINI,

intanto La ringrazio per il tono puntuale e franco della Sua risposta.

Nel condividere il Suo mail (per meglio dire il nostro carteggio che comprende anche questa risposta) con la Presidente nazionale di ANMAR Silvia Tònolo e col Presidente ANMAR-Piemonte Ugo Viora (miei referenti istituzionali e operativi nella direzione di “Sinergia”) desidero fare alcune precisazioni che le chiedo di comprendere nella eventuale pubblicazione di questo carteggio sulla Vostra prossima Lettera informativa.

Il mio mail del 19 febbraio scorso non era un sollecito di risposta ma semplicemente una richiesta di notizia di buon fine del precedente mail, visto che l’indirizzo usato era frutto di deduzioni personali: non sempre un indirizzo mail da cui sono spedite newsletter è infatti abilitato a ricevere comunicazioni.

Detto questo, tenevo precisare a Lei e al dott. Giovanni Peronato (La prego di condividere con lui queste righe dal momento che non ho suoi recapiti diretti) che il documento allegato al mio mail del 12 febbraio scorso è stato prodotto dall’ANMAR (come si evince dal testo originario del mio mail) in quanto non ho nessun titolo per entrare direttamente in una polemica, pur molto interessante dal punto di vista giornalistico. Svolgo infatti da 35 anni il mestiere di giornalista medico-scientifico-sanitario ma NON sono di sicuro farmacologo, reumatologo, non ho responsabilità economiche o politiche di governo della Sanità e (almeno fino a questo momento) non sono nemmeno un malato reumatico…

In qualità di semplice direttore della rivista dell’ANMAR mi sono limitato a segnalare ai miei referenti l’articolo da voi pubblicato (oggetto di questo carteggio) e ho provveduto a girarVi le considerazioni fattemi pervenire da ANMAR.

Non intendo quindi commentare le affermazioni medico-scientifiche del dott. Peronato in quanto, come detto, non ho titolo per farlo anche se sono in grado di capire in dettaglio le ragioni sue e quelle avanzate da ANMAR.

Ancora di più non mi permetto di commentare le affermazioni del dott. Peronato relative al suo rapporto con ANMAR: ho assunto infatti la direzione di “Sinergia” nella seconda metà del 2016 e non posso che delegare a chi ci legge in copia questa possibilità; mi limito quindi a svolgere per l’Associazione i compiti che sono propri di tale direzione giornalistica. Tra questi la segnalazione di articoli comparsi sulla letteratura medico-scientifica-sanitaria nazionale e internazionale indicando anche alla Presidenza ANMAR il canale di comunicazione più opportuno nel caso emergesse la necessità di commenti da pubblicizzare.

Da giornalista medico-scientifico-sanitario “su piazza” da 35 anni apprezzo però la chiosa dell’intervento del dott. Peronato sulla costruttività della critica.

Ecco, direi che il mio onere professionale è stato in questa occasione svolto correttamente: lo testimonia l’esistenza di questo carteggio.

Auspico da cittadino, prima che da giornalista, che i malati reumatici possano essere messi nella condizione di avvantaggiarsi di ogni risorsa possibile nella gestione delle loro patologie e cerco anche d’impegnarmi perché questo obiettivo sia prioritario nelle scelte di tutti i soggetti sociali chiamati a dare risposte concrete e puntuali ai loro bisogni. Spero da giornalista e da cittadino che questo scambio di opinioni possa contribuire pienamente al raggiungimento di questo obiettivo.

In ogni caso in questo scambio di opinioni non posso che intervenire da giornalista senza rivestire ruoli che non mi competono, come la presa di posizione su questioni medico-scientifiche che tra l’altro sembrano ancora oggetto di confronto tra addetti ai lavori.

I più cordiali saluti.

Nicola Ferraro

Direttore di “Sinergia”, periodico di ANMAR