Sunshine Act: solo un timido piccolo spiraglio di luce?

Jeanne Lenzer, giornalista attenta e collaboratrice del BMJ riporta e commenta i dati del Sunshine Act (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i4608). In sintesi, nel corso del 2015 l’industria farmaceutica ha emesso pagamenti per 7,5 miliardi $ dei quali 3.6 non riguardano la ricerca, bensì consulenze, onorari per conferenze, viaggi, pranzi e partecipazione a congressi.

Il senatore Tacker, della commissione senatoriale che si occupa del problema, ha riferito che prossimamente nella dichiarazione dei pagamenti verranno inclusi anche i corsi ECM, gli abbonamenti alle riviste e i testi scientifici forniti ai medici dall’industria. Più di 100 associazioni mediche si sono dette fortemente contrarie a questa inclusione, ma il senatore pensa che l’educazione sponsorizzata non sia né indipendente né di alta qualità, ma semplicemente fuorviante.

 

Stando ai dati raccolti dal CMS (Servizi di controllo Medicare-Medicaid), sembrerebbe che il numero di medici beneficiari anche di un solo pagamento da parte dell’industria sia in lenta regressione, era il 94% di tutti i medici USA nel 2004, poi 83.8% nel 2009 e 73% nel 2015, ma i dati sono stati raccolti con metodi diversi dal Sunshine, perché considerano ‘pagamenti’ anche solo l’aver ricevuto campioni di farmaci. Studi più recenti effettuati in alcuni stati degli USA hanno invece evidenziato come dopo il Sunshine Act le prescrizioni ridondanti e con farmaci griffati non siano affatto in calo. Nemmeno dividere in sottogruppi in base alle somme ricevute ha mostrato comportamenti dissimili, anche se una sola penna sembrerebbe non aumentare le prescrizioni, molti studi hanno provato che basta molto poco. L’ultimo pubblicato quello di Dejong su JAMA dove un pagamento medio per un pasto di soli 18$ ha incrementato le prescrizioni di alcuni farmaci griffati per circa 3 mesi. Nonostante questo, molte istituzioni pubbliche continuano ad applicare una sorta di franchigia per il conflitto di interessi da dichiarare, sopra i 10.000$ da un’unica industria per Harvard, sopra i 1000$ per la US Preventive Task Force.

 

Si pensava che rendere palesi i dati avrebbe screditato agli occhi del pubblico chi aveva maggiori legami con l’industria. Ma è irrealistico pensare che i pazienti possano andare a spulciare i files dei pagamenti online e fare una specie di scelta moralizzatrice nei confronti dei loro medici curanti. Invece, molti pazienti vedono come comportamento onesto quello dei medici che dichiarano i pagamenti ricevuti dall’industria. Non sembra dunque che i raggi solari siano un disinfettante sufficiente, anzi. Il prof J Hoffman dell’Università della California è molto scettico sulla reale utilità del Sunshine Act, l’influenza dell’industria viene rimossa solo quando la ricerca e la didattica sono realmente indipendenti. Con una mano – prosegue- il medico fa la sua dichiarazione per aver accettato del danaro, mentre con l’altra compila una ricetta. Se un giudice accettasse pagamenti dal pubblico ministero sarebbe corruzione; dovrebbe essere lo stesso per i medici.

 

Libera traduzione di Giovanni Peronato