No advertising, please, dall’Australia

Una nuova campagna è stata lanciata dal Royal Australian College of General Practitioners l’11 ottobre 2014. Si chiama No Advertising Please e, nel tentativo di ridurre le prescrizioni di farmaci inappropriate e dannose, chiede ai medici di smetterla di ricevere i rappresentanti dell’industria farmaceuticai. Più di 100 medici hanno già aderito e manterranno la promessa per un anno. Il forum delle associazioni dei consumatori australiane ha dato il benvenuto alla campagna dicendo che “porta un nuovo e rinfrescante livello di trasparenza nella pratica medica” e che “può rilanciare il livello di fiducia dei pazienti nei loro medici”.

La federazione dell’industria farmaceutica australiana ovviamente non è d’accordo (“l’idea che si possa ignorare l’informazione dall’industria farmaceutica, che ha realizzato ricerca fondamentale per il trattamento delle malattie, è al meglio risibile e al peggio sciatta”, ha detto il suo presidente), ma nell’esprimersi ha involontariamente fatto pubblicità alla campagna, aumentandone la visibilità sui media.

Ma uno degli istigatori della campagna, il Dr Justin Coleman, ha spiegato in un articolo, riprodotto qui sotto, le ragioni per cui “se io fossi un paziente, avrei più fiducia nella qualità delle prescrizioni del mio medico se sapessi che non riceve i rappresentanti dell’industria”.

 

No Advertising Please

Justin Coleman

 

Nonostante le vendite porta a porta siano vecchie quanto l’Enciclopedia Britannica, i rappresentanti dell’industria farmaceutica sembrano resistere a questo declino. Il commercio che propongono non solo continua ad essere fiorente (6 miliardi di dollari l’anno negli USA), ma contribuisce a creare il mito che il loro lavoro sia di tipo educativo, e non promozionale, per molti dei medici che continuano ad aprire loro la porta. È il trionfo del marketing: efficace al punto di scomparire.

Un’indagine ha appena mostrato che circa la metà dei medici che prescrivono molti farmaci citano i rappresentanti dell’industria come fonte più importante di aggiornamento sui nuovi farmaci. Questo affidarsi ai rappresentanti è degno di nota, data la quantità di informazioni disponibili dalle agenzie pubbliche (bollettini, manuali, guide elaborate in molti ospedali, etc), che forniscono informazioni equilibrate, basate su evidenze e con il solo obiettivo di migliorare la cura dei pazienti. In contrasto, la preoccupazione principale dei rappresentanti è aumentare le vendite dei loro prodotti, condizione per la quale hanno accettato il lavoro che è stato loro offerto. E questo obiettivo si sovrappone solo parzialmente a quello riguardante la qualità delle cure per i pazienti.

Immaginate, per esempio, che cinque rappresentanti promuovano farmaci simili per la stessa condizione. Niente di sbagliato con i farmaci; funzionano tutti bene. Ogni rappresentante vuole aumentare le vendite del suo farmaco e diminuire quelle dei concorrenti. I benefici per i pazienti non rientrano nell’equazione. Il medico potrà scegliere tra farmaci simili sulla base degli effetti collaterali e di fattori individuali del paziente, ma questa informazione è più facilmente disponibile, e in maniera più affidabile, da fonti indipendenti. Alla fine, se tutti e cinque i farmaci sono adatti, la scelta del medico potrebbe essere basata sul costo. Ma il farmaco che costa meno potrebbe non avere un rappresentante che bussa alla porta del medico.

In molti casi, le linee guida sconsigliano qualsiasi trattamento farmaceutico; una perla informativa che quei medici che pensano che ricevere tutti e cinque i rappresentanti sia la scelta più equilibrata probabilmente mancheranno. Qualsiasi equilibrio essi raggiungano tra pranzi gratuiti e regali di marca è improbabile che riguardi l’uso del farmaco meno costoso (con molti anni di prove su efficacia e sicurezza), e meno che meno di un trattamento a zero spese. Nessuno parlerà loro di ridurre le prescrizioni, e le probabilità di veder bussare alla loro porta un rappresentante che non bada ai profitti e consiglia l’esercizio fisico sono minori di quelle di veder apparire la slitta di Babbo Natale. Peccato per i loro pazienti, perché l’esercizio fisico regolare potrebbe far smettere di usare molti farmaci per problemi cardiovascolari. Basta leggere linee guida indipendenti.

Il rapporto “Fare in modo che i medici dicano sì ai farmaci” mostra che, nonostante l’obiettivo dichiarato dell’industria farmaceutica sia incoraggiare l’uso del farmaco giusto per la persona giusta al momento giusto, spesso succede il contrario. Gli esempi includono il marketing che ha portato i medici a prescrivere farmaci quando i farmaci non sono indicati, a prescrivere farmaci più costosi quando ce ne sono di meno cari ed egualmente efficaci, o a prescrivere farmaci di una categoria sbagliata. In ogni caso, i costi per il sistema sanitario aumentano.

In un mondo basato sull’evidenza, l’accesso online a informazione indipendente e di alta qualità dovrebbe aver eliminato l’argomentazione sui “bisogni educativi” dei medici, così come ha fatto mettere in soffitta l’Enciclopedia Britannica, ha detto Fiona Goodlee, redattore capo del British Medical Journal, in un recente programma della BBC (“Chi paga il tuo medico?”).

L’industria del farmaco ha un irriducibile conflitto d’interessi. Devono far soldi per i loro azionisti, com’è giusto e legittimo che sia, e nel far questo spesso creano buoni prodotti di cui ci fidiamo e abbiamo bisogno. Ma non hanno un ruolo legittimo nell’educazione dei medici. E tuttavia la maggioranza dei medici considera le visite dei rappresentanti una parte normale della settimana lavorativa. Fuori dall’ospedale, molte delle rare occasioni per discutere di argomenti clinici con i colleghi avvengono in presenza di un rappresentante che spinge gentilmente la discussione verso un nome commerciale. Queste conversazioni con in mano una tartina sono poi rinforzate dai materiali che il rappresentante lascia in omaggio.

Quelli che insistono a dire che i medici sono troppo intelligenti per essere influenzati da piccoli regali dimenticano che anche i responsabili del marketing sono intelligenti, e che hanno attentamente realizzato ricerche sull’effetto dei doni. I regali creano aspettative e obblighi. Non è necessario ricordare l’importanza di sviluppare un rapporto leale attraverso i doni. L’essenza di questo donare è: corrompere in maniera tale che non sembri corruzione.

E allora, perché i medici continuano a ricevere i rappresentanti? Quelli intervistati nell’indagine di cui sopra danno le seguenti spiegazioni: educazione e risposte rapide alle domande; interazione sociale e pausa in una giornata molto indaffarata; regali e pranzi; norma culturale; e pressione da parte dei colleghi che ricevono i rappresentanti. Molti rappresentanti sono certamente persone colte e piacevoli, per una pausa durante il lavoro. Sono anche cortesi e amichevoli. Ma non è loro compito diventare amici dei medici nel senso comune del termine. Fugh-Berman descrive questo loro lavoro come “dosi elegantemente titolate di amicizia”.

I medici tendono a pensare di poter separare il grano dal loglio, scartando l’informazione più distorta e recependo solo quella che ritengono più vera. Quando è stato loro chiesto quanto i rappresentanti dell’industria farmaceutica influenzino le loro prescrizioni, il 61% di un campione di medici ha risposto che non vi era nessuna influenza, e solo l’1% ha ammesso esservi un effetto importante. Ma quando è stato chiesto agli stessi medici quanto fossero influenzati i loro colleghi, solo il 16% ha risposto non esservi alcun effetto, mentre il 51% credeva che l’effetto fosse grande.

Un paradosso? No, semplice natura umana. I medici sono sufficientemente svegli da capire che l’industria farmaceutica deve garantire agli azionisti che i miliardi spesi in rappresentanti siano recuperate dall’aumento delle prescrizioni. Ma i medici sanno anche che le loro decisioni dovrebbero essere basate su prove di efficacia, non sul marketing. Questa contraddizione mentale è risolta dal 99% dei medici pensando di non far parte di quel 51% che si lascia influenzare dai rappresentanti. Quelli sono gli altri!

Alla fin fine, che importa se il marketing ha una grande influenza sulle prescrizioni? Basta che il farmaco funzioni, o no? Una revisione sistematica su 40 anni di ricerca pubblicata ha trovato un’associazione tra ricevere i rappresentanti e aumentare le prescrizioni, con preferenza per quelle più costose e meno appropriate, che meno probabilmente seguono le linee guida accettate. In media, ciò indica uno svantaggio per i pazienti di medici che ricevono i rappresentanti. Se io fossi un paziente, avrei più fiducia nella qualità delle prescrizioni del mio medico se sapessi che non riceve i rappresentanti dell’industria.

Scrivo spesso di questo su riviste mediche, a volte tra l’opposizione dei miei colleghi. Un’obiezione di quest’anno è stata la seguente. Perché noi medici di famiglia dobbiamo vergognarci di ciò? Di tanto in tanto c’è qualche articolo isterico sui giornali, ma il paziente medio non ci fa caso. Io la penso diversamente. Le indagini delle associazioni di consumatori mostrano regolarmente le preoccupazioni riguardanti l’influenza sulle prescrizioni dei medici da parte dei rappresentanti, più di quanto le riconoscano i medici.

I pazienti quindi ci fanno caso. Ed è ora che si incoraggino educatamente i medici a cercare informazioni sui farmaci da fonti indipendenti, e non dal marketing. Per favore visitate il sito della campagna No Advertising Please (http://noadvertisingplease.com.au) e date il vostro sostegno ai medici che hanno deciso di non ricevere i rappresentanti.

 

Traduzione di Adriano Cattaneo da http://blogs.crikey.com.au/croakey/2014/10/09/new-campaign-urges-doctors-to-stop-seeing-drug-reps/

PS: il British Medical Journal, nel dare notizia di questa campagna (www.bmj.com/content/349/bmj.g6183), ha citato i NoGrazie: “la campagna segue simili iniziative negli USA (http://nofreelunch.org/index.htm), Italia (www.nograzie.eu), Germania (www.mezis.de/en.html), e Gran Bretagna (www.healthyskepticismuk.com).”