Finanziamenti dell’industria e risultati delle ricerche

Diversi studi suggeriscono che le ricerche finanziate – anche parzialmente – dall’industria farmaceutica hanno maggiore probabilità di avere risultati positivi.

Una revisione sistematica di Lexchin et al. pubblicata nel 2003 sul British medical Journal (BMJ (http://www.bmj.com/cgi/content/full/326/7400/1167) mostrò come il finanziamento di uno studio da parte dell’industria farmaceutica era associato a risultati favorevoli alla molecola della ditta finanziatrice. Gli autori selezionarono 30 ricerche tra quelle svolte sulla relazione tra sponsor e risultati della ricerca tra il 1966 e il 2002 (6 revisioni di farmacoeconomia, 2 metanalisi e 22 analisi di gruppi di trial) e conclusero che le ricerche finanziate dall’industria avevano minori probabilità di essere pubblicate rispetto a quelle sostenute da fondi pubblici e maggiori probabilità di dare un risultato favorevole allo sponsor, fono a 4 volte tanto (odds ratio 4.05; 95%CI 2.98 – 5.51). Nessuno studio ha evidenziato che i trial condotti dall’industria fossero di bassa qualità. La spiegazione va piuttosto ricercata nella scelta “opportunista” del farmaco di confronto (notoriamente poco efficace o somministrato a dosi troppo basse); infine esiste un bias di pubblicazione, nel senso che l’industria tende a non pubblicare gli studi che sono sfavorevoli al suo prodotto.

Nel 2006 sul Journal of the American Medical Association (JAMA)una ricerca di Ridker e Torres (http://jama.ama-assn.org/cgi/content/full/295/19/2270) ha voluto verificare se questa situazione fosse cambiata negli anni 2000, in particolare negli studi inerenti l’ambito cardiovascolare. Dopo avere fatto una revisione di 303 trial di superiorità, pubblicati tra il 2000 e il 2005 su JAMA, NEJM e Lancet e per i quali era indicata la fonte di finanziamento. Gli autori trovarono che su 137 trial finanziati dall’industria 92 (67%) ebbero un risultato favorevole al nuovo trattamento (P<.001), mentre ciò accadde solo in 51 (49%) dei 104 trial finanziati da organismi non profit (P=.80). Tra i 62 trial con finanziamento misto, 35 (57%) furono favorevoli. Tra i 205 RCT (Randomized Clinical Trial) di farmaci, le proporzioni favorevoli al nuovo trattamento furono 39.5% per quelli finanziati da organismi non profit, 54.4% per quelli con finanziamento misto e 65.5% per quelli finanziati dall’industria (per il trend intragruppi =.002). Tra i 39 RCT condotti su dispositivi cardiovascolari, le proporzioni degli studi con risultato favorevole furono rispettivamente 50.0%, 69.2%, 82.4%, (per il trend intragruppi =.07). Inoltre i trial che avevano end point surrogati avevano maggiori probabilità di un risultato positivo (67%), rispetto a quelli che avevano degli end point clinici (54.1%; P=.02).

Ulteriore conferma dell’associazione tra finanziamento dell’industria e risultato favorevole si è avuta anche nel campo dei vaccini: Jefferson et al.(http://www.bmj.com/cgi/content/full/338/feb12_2/b354), nel 2009, esaminando 259 studi sui vaccini influenzali, hanno dimostrato come gli studi finanziati da organismi governativi abbiano minore probabilità di dare risultati favorevoli ai vaccini, rispetto a quelli finanziati in tutto o in parte dall’industria.

Un’analisi pubblicata nel 2010 sugli Annals of Internal Medicine (http://www.annals.org/content/153/3/158.abstract), svolta da tre ricercatori del Children’s Hospital di Boston e finanziata con fondi pubblici, descrive le caratteristiche dei trial registrati su ClicalTrials.gov riguardo all’efficacia e la sicurezza di 5 classi di farmaci e verifica se la fonte del finanziamento fosse associata alla pubblicazione di risultati favorevoli al farmaco. Tra i 78.276 trial registrati entro il 31.08.2009 sono stati selezionati quelli riguardanti 5 classi di farmaci: anticolesterolemici, antidepressivi, antipsicotici, inibitori di pompa protonica, vasodilatatori. Dei 4.825 trial così evidenziati ne sono stati inclusi nello studio 546, quelli inerenti efficacia e sicurezza iniziati e conclusi tra il 01.01.2000 e il 31.12.2006. Per ciascun trial selezionato, sono stati descritti il disegno dello studio, la fonte di finanziamento, la data di registrazione e di pubblicazione e il risultato finale. La fonte principale di finanziamento è stata classificata come industria, agenzie governative, organismi non profit o non federali (università, ospedali, fondazioni). Dei 546 trial, 346 (63%) sono stati finanziati dall’industria, 74 (14%) da agenzie governative e 126 (23%) da organismi non profit o non federali. I trial finanziati dall’industria hanno una maggior probabilità di essere di fase 3 o 4 (88.7%; P < 0.001), di usare un farmaco di confronto attivo (36.8%; P = 0.010), di essere multicentrici (89.0%; P < 0.001), di arruolare un maggior numero di partecipanti (dimensione mediana del campione, 306 partecipanti contro i 78 e i 50 dei trial finanziati dalle altre fonti; P < 0.001), di arruolare almeno il 75% dei partecipanti previsti (84,9%; P < 0.001). Al contrario, solo i trial finanziati da agenzie governative hanno incluso tra i partecipanti un numero significativo di bambini (37,8%; P < 0.001). Di tutti i trial, solo 362 (66,3%) hanno pubblicato i risultati: 230 (66,5%) tra quelli finanziati dall’industria, 41 (55,4%) da agenzie governative e 91 (72,2%) da enti non profit o non federali. I trial finanziati dall’industria hanno riportato un risultato positivo nel 85.4% delle pubblicazioni, in confronto al 50.0% dei trial governativi e al 71.9% di quelli finanziati da organismi non profit o non federali (P < 0.001). Tra questi ultimi, quelli in cui era presente un contributo dell’industria, hanno riportato risultati positivi più frequentemente di quelli senza contributi (85.0% vs. 61.2%; P = 0.013).  Il tasso di pubblicazione dei trial entro 24 mesi dal termine dello studio, va dal 32.4% per quelli finanziati dall’industria al 56.2% per quelli finanziati da organismi non profit o non federali senza contributi dell’industria (P = 0.005). Gli autori fanno presente che non sempre è stato possibile confermare se uno studio era stato pubblicato e questo potrebbe aver portato a qualche errore di classificazione. Inoltre ulteriori informazioni, per altro non disponibili, sul protocollo e sui risultati in generale dei trial potrebbero fare luce sui fattori sottostanti il legame tra fonte di finanziamento e risultati. Gli autori chiudono il loro articolo affermando che i trial finanziati dall’industria hanno minori probabilità di essere pubblicati entro 2 anni dal loro completamento e maggiori probabilità di riportare risultati positivi.

se finanzia l’industria i risultati sono più favorevoli al farmaco

Lo scorso 2 agosto, MedlinePlus, il sito web rivolto ai cittadini (http://www.nlm.nih.gov/medlineplus/), gestito dalla prestigiosa biblioteca biomedica del National Institute of Health (NIH), pubblicava questa notizia: “Un’analisi suggerisce che le ricerche finanziate dall’industria farmaceutica hanno una maggiore probabilità delle altre di avere un risultato positivo”. L’analisi in questione, pubblicata sugli Annals of Internal Medicine (http://www.annals.org/content/153/3/158.abstract), è stata svolta da tre ricercatori del Children’s Hospital di Boston e finanziata con fondi pubblici. Gli autori della ricerca hanno voluto descrivere le caratteristiche dei trial registrati su ClicalTrials.gov inerenti efficacia e sicurezza di 5 classi di farmaci e vedere se la fonte del finanziamento fosse associata alla pubblicazione di risultati favorevoli al farmaco. Gli autori chiudono il loro articolo affermando che i trial finanziati dall’industria hanno minori probabilità di essere pubblicati entro 2 anni dal loro completamento e maggiori probabilità di riportare risultati positivi. Questa conclusione per altro non è una novità. Sono diversi gli studi che suggeriscono le stesse conclusioni.

Leggi l’articolo di Guido Giustetto

Dialogo sui farmaci sta pubblicando una serie di articoli intitolati La polvere del marketing, che fanno luce sui problemi collegati alla sponsorizzazione delle ricerche biomediche (sponsorship bias). I primi quattro articoli riguardano la ricerca psichiatrica. Utilizzando alcuni esempi concreti, l’autore – Giuseppe Tibaldi (Coordinatore scientifico Centro Studi e Ricerche in Psichiatria ASL TO2 Nord, Torino) – spiega in dettaglio alcuni meccanismi con i quali si possono verificare distorsioni nei risultati degli studi. Condividiamo il suo obiettivo e la sua speranza: “fornire ai lettori una migliore capacità percettiva della ‘polvere’ che minaccia la pratica quotidiana dei clinici dei Paesi più sviluppati. Essa rischia di inceppare anche il meccanismo, potenzialmente virtuoso, dell’appropriatezza clinica come standard condiviso di miglioramento del sistema sanitario pubblico”. Dsf ci ha gentilmente autorizzato a mettere gli articoli sul nostro sito. Li potete leggere ai link qui sotto.

La polvere del marketing 1

La polvere del marketing 2

La polvere del marketing 3

La polvere del marketing 4